Il rapporto Quanta foresta avete mangiato, indossato o consumato oggi? rivela quanto incide il nostro stile di vita sullo stato di salute delle foreste
L’appello del Wwf per una legge contro la deforestazione
(Rinnovabili.it) – Nella tazzina di caffè che avete bevuto questa mattina è ‘incorporato’ un pezzo di Amazzonia. E’ soprattutto la produzione di caffè a spingere la deforestazione galoppante delle foreste sudamericane. E le cose peggioreranno, spiega il Wwf nel rapporto Quanta foresta avete mangiato, indossato o consumato oggi? pubblicato il 13 novembre.
Infatti, la produzione di caffè dovrà triplicare entro il 2050 per soddisfare la richiesta globale, ma ancora oggi il 60% dell’area idonea a coltivare caffè è coperta da foreste. Ma non c’è solo il chicco di caffè nella lista dei prodotti ad alto contenuto di deforestazione. Anche le carni, insieme a soia, olio di palma, cacao, cuoio. Un fenomeno legato a doppio filo al nostro stile di vita, sottolinea il Wwf. Perché i consumi dell’Europa sono responsabili del 10% della deforestazione globale, che avviene prevalentemente al di fuori dei confini dell’UE.
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Le dimensioni del fenomeno sono abnormi. Negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni. Ma i numeri, da soli, non rendono l’idea. Per provare ad abbracciare questo evento bisogna aiutare l’immaginazione: è una superficie grande più o meno come l’intera Unione Europea.
La nostra fame di consumi si lega agli effetti del cambiamento climatico. Prendiamo sempre il caffè come esempio guida. Con il mutare del clima, il 50% delle aree coltivate a caffè saranno inadatte alla produzione entro il 2050. Cosa significa? Significa che questo accelererà il ritmo della deforestazione, perché incentiverà a coltivare ad altitudini più elevate.
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Nel rapporto Wwf finiscono anche soia e quindi carne. Dove l’impronta ambientale di noi italiani è piuttosto alta, in media: solo per le importazioni di farina di soia, l’Italia è responsabile per la deforestazione ogni anno di un’area grande come Palermo. E a livello globale, la coltivazione di soia sta devastando alcuni dei più preziosi ecosistemi: Amazzonia, Cerrado, Gran Chaco e Pantanal. Dove vive più del 10% di tutte le specie animali conosciute, veri scrigni di biodiversità. Ma non solo: driver di deforestazione che abbonda sulle nostre tavole è anche lo zebù. Se pensate sia un errore, è solo perché non sospettate che la coscia di zebù può diventare bresaola (legalmente).
“Dobbiamo fermare il processo di distruzione delle foreste più preziose: oggi il 40% della foresta pluviale amazzonica ha già raggiunto il punto di non ritorno a causa di incendi e tagli incontrollati. La nostra responsabilità come consumatori è enorme – ha dichiarato Isabella Pratesi, direttore conservazione di Wwf Italia – Dentro al granellino di soia o al chicco di caffè si può celare un disastro ambientale”.
Con questo rapporto il Wwf punta di nuovo i riflettori sulla campagna #Together4Forests per chiedere una legge europea contro la deforestazione. Ad oggi vi hanno partecipato in più di 1 milione (qui il link per aderire). Attualmente, è in corso su iniziativa dell’Unione europea una consultazione pubblica che può portare a un provvedimento legislativo.