Lo scorso mese sono scomparsi 356 km2 di foresta pluviale, un’area grande 2 volte Milano
(Rinnovabili.it) – Ancora un mese da record per la deforestazione dell’Amazzonia. A marzo sono spariti 356 km2 di foresta pluviale, ovvero il 14% in più rispetto allo stesso mese del 2022. Un’area grande il doppio di Milano. Nonostante l’arrivo alla presidenza di Lula, che ha promesso di ribaltare tutte le politiche di Bolsonaro sulla gestione di Amazzonia, Cerrado e Pantanal, i numeri mostrano una situazione ancora in linea con quella che ha caratterizzato il mandato dell’ex presidente di estrema destra.
“I dati mostrano uno scenario complesso a fronte dell’indebolimento dei controlli nella regione e del discorso degli ultimi anni che ha favorito l’illegalità”, spiega all’AFP Mariana Napolitano del ramo brasiliano del Wwf. “Anche se l’attuale governo ha mostrato l’intenzione di combattere seriamente la deforestazione, ci vorrà tempo per cambiare lo scenario“.
Quest’anno non ci sarà nessun vero miglioramento nella deforestazione dell’Amazzonia
Qualche passo in avanti, per quanto contenuto, però c’è. Nel primo trimestre del 2023, i dati complessivi dell’Inpe, l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile che effettua le rilevazioni satellitari, fissano la deforestazione nell’Amazzonia a 844 km2. Si tratta ancora di un numero molto alto, per la precisione il 2° peggior risultato di sempre. Ma pur sempre il 10% in meno rispetto al 2022 (941 km2).
In ogni caso è difficile che quest’anno si vedranno già risultati positivi. Il Brasile infatti misura la stagione della deforestazione dell’Amazzonia da agosto a luglio. Sulla performance 2023, quindi, influiranno ancora gli ultimi 4 mesi di Bolsonaro. E negli 8 mesi di quest’ultima annualità (agosto 2022 – marzo 2023) finora il conto segna +39%. Ma non è tutto qui.
“Questo aumento dei numeri rivela che l’Amazzonia soffre ancora di un’enorme mancanza di governance e che il nuovo governo deve agire con urgenza per ricostruire la sua capacità di repressione dei crimini ambientali, che era stata completamente distrutta dall’ultimo governo”, commenta Marcio Astrini, responsabile del Climate Observatory, una rete di circa 50 ong ambientaliste locali.