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Bolsonaro promette la neutralità climatica, la deforestazione lo inchioda

Deforestazione
via depositphotos.com

La deforestazione si è mangiata l’8% dell’Amazzonia in 20 anni

(Rinnovabili.it) – Tra il 2000 e il 2018, la deforestazione dell’Amazzonia si è mangiata l’8% della più grande foresta pluviale del mondo. Un’area grande come la Spagna è sparita sotto i colpi dei taglialegna (legali e illegali) anche grazie alla compiacenza dei governi. Come quello brasiliano, che soprattutto con la presidenza Bolsonaro ha aperto l’Amazzonia allo sfruttamento delle sue risorse naturali e minerarie.

La fotografia è di Amazon Geo-Referenced Socio-Environmental Information Network (RAISG), che torna a pubblicare uno studio sullo stato di salute dell’Amazzonia a 8 anni di distanza dal primo. E certifica che il tasso di disboscamento sta crescendo. Tanto che per la rete di ricercatori, oggi “l’Amazzonia è molto più minacciata di quanto non fosse 8 anni fa”.

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Dopo un parziale ma effimero miglioramento a inizio secolo, la deforestazione è tornata a colpire la regione amazzonica. Raggiungendo un massimo di 49.240 km2 di perdita di foreste nel 2003, tutt’ora record assoluto. Il minimo invece è stato toccato nel 2010 con 17.674 km2. Da allora, i dati sono in aumento. “La deforestazione ha subito un’accelerazione dal 2012. La superficie annua persa è triplicata dal 2015 al 2018”, ha rilevato lo studio. “Solo nel 2018, 31.269 km2 di foresta sono stati distrutti in tutta la regione amazzonica, la peggiore deforestazione annuale dal 2003”.

La responsabilità maggiore spetta ovviamente al Brasile, che detiene circa 2/3 dell’intera foresta pluviale. Sono 425.051 i km2 di Amazzonia brasiliana distrutti dal 2000 al 2018. E il rapporto non registra ancora l’effetto Bolsonaro. Il periodo da agosto 2019 allo stesso mese del 2020 secondo i dati del governo ha fatto segnare un +9,5% rispetto all’anno precedente.

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D’altronde, Bolsonaro, dopo aver provato a presentare le sue misure per l’Amazzonia come necessarie per il progresso e lo sviluppo socio-economico del paese, adesso prova a nascondere gli effetti della deforestazione sotto il tappeto. Il 9 dicembre, infatti, il Brasile ha presentato all’ONU i suoi piani climatici aggiornati. In realtà si tratta di un guscio vuoto. Si afferma che l’obiettivo al 2060 è la neutralità climatica. Ma l’obiettivo è solo “indicativo”.

Non solo: Bolsonaro ha lasciato invariati gli obiettivi di riduzione delle emissioni, che non sono in linea col nuovo target. Un contributo decisivo alle emissioni nazionali viene proprio dalla distruzione dell’Amazzonia. Il Brasile è il 5° maggior inquinatore mondiale. Gli obiettivi climatici sono una riduzione delle emissioni del 37% entro il 2025 e del 43% entro il 2030, rispetto ai livello del 2005.

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