Il Brasile vuole i soldi subito. Gli Stati Uniti sono disposti ad aprire il portafogli solo dopo aver toccato con mano dei risultati concreti nella tutela della maggior foresta pluviale del mondo
Bolsonaro chiede 1 miliardo di dollari per fermare la deforestazione
(Rinnovabili.it) – Probabilmente non ci sarà nessun accordo sulla deforestazione dell’Amazzonia prima del 22 aprile. Stati Uniti e Brasile puntavano su quella data per avere un argomento forte da presentare al Leader’s Climate Summit, l’incontro internazionale sul clima voluto dalla nuova amministrazione Biden in concomitanza con la Giornata della Terra per rilanciare l’azione climatica globale e tirare la volata alla COP26 di novembre. Ma l’accordo sembra ancora lontano.
Da qualche mese Biden e Bolsonaro stanno negoziando una forma di tutela della più grande foresta pluviale del mondo, anche se i dettagli e la stessa esistenza di questi contatti sono emersi solo negli ultimi giorni. Gli Stati Uniti hanno proposto al Brasile di pagare perché le autorità combattano sul serio la deforestazione. E’ un approccio in linea con l’applicazione a tappeto del concetto di capitale naturale: l’Amazzonia svolge dei ‘servizi ecosistemici’ di cui beneficia tutto il pianeta, quindi chi la tutela dovrebbe essere pagato per farlo. Un concetto che sta trovando sempre più spazio, anche alle Nazioni Unite, e che potrebbe sfociare in un ‘Pil verde’ che porta con sé una finanziarizzazione della natura nel suo complesso.
Leggi anche Adesso l’Amazzonia contribuisce al riscaldamento globale
Sta di fatto che Bolsonaro non se l’è fatto ripetere un’altra volta e ha subito attaccato il cartellino del prezzo alla foresta pluviale: 1 miliardo di dollari l’anno e la deforestazione crollerà del 30 o forse anche del 40%. Il ministro dell’Ambiente brasiliano, Ricardo Salles, si è spinto anche più in là. Gli sforzi compiuti dal Brasile per tutelare la foresta dal 2006 a oggi ammontano ad alcune decine di miliardi.
I negoziati sono proseguiti abbastanza speditamente da febbraio a oggi, con altri paesi donatori che sono entrati nella partita (tra cui anche alcuni Stati europei). Finché non è arrivato l’intoppo. Bolsonaro vuole prima ricevere i soldi, e poi usarli per contrastare la deforestazione. Proposta che ovviamente non può trovare d’accordo gli Stati Uniti. Washington pretende che i pagamenti siano fatti soltanto ex post, cioè a fronte di risultati tangibili e quantificati.
Leggi anche Deforestazione: come ti abbatto l’Amazzonia con una tazzina di caffé
“Speriamo di vedere un impegno molto chiaro per porre fine alla deforestazione illegale, passi tangibili per aumentare l’effettiva applicazione della deforestazione illegale e un segnale politico che la deforestazione illegale e l’invasione non saranno tollerate”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato americano.
Da quando Jair Bolsonaro è diventato presidente del Brasile, a gennaio 2019, il tasso di deforestazione dell’Amazzonia è tornato a crescere. Il capo dello Stato ha favorito gli interessi dei gruppi industriali per lo sfruttamento delle risorse della foresta pluviale. Nel frattempo ha indebolito tutte le autorità statali che hanno giurisdizione sull’Amazzonia e la sua tutela e ha intimidito gli attivisti. La punta di lancia del suo piano è l’uso delle Forze Armate, scese in campo ufficialmente per contrastare il disboscamento ma, in realtà, dispiegate per controllare e intimorire chi si oppone ai progetti del governo.