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Anche l’industria dell’auto vuole una moratoria sul deep sea mining

Deep sea mining: anche Renault chiede una moratoria internazionale sulle miniere sottomarine
Di _morgado – DSC_4231, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=57062571

Non sono noti gli effetti del deep sea mining sugli ecosistemi oceanici

(Rinnovabili.it) – Mentre a Brest, in Francia, è in corso l’evento mondiale sulla tutela degli oceani più importante del decennio, l’One Ocean Summit, la principale casa automobilistica transalpina rinuncia a sfruttare i depositi sottomarini di litio e altri minerali fondamentali per la mobilità elettrica. Non solo: l’annuncio di Renault si spinge fino ad appoggiare la richiesta di una moratoria internazionale sul deep sea mining avanzata dallo IUCN, la più grande associazione scientifica per la conservazione della natura.

Nelle profondità oceaniche, in corrispondenza delle faglie tettoniche, si trovano abbondanti depositi di alcuni minerali fondamentali per la transizione ecologica come rame, nickel, cobalto, litio. Questi “campi di patate” composti di noduli polimetallici o croste di cobalto adagiate sui fianchi dei camini sottomarini si trovano a 3-5.000 metri di profondità: una terra di nessuno sul piano giuridico, e soprattutto un enorme punto interrogativo sul piano dell’impatto dell’estrazione mineraria su questi ecosistemi.

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Sul fronte del diritto c’è molto attivismo da parte dell’Onu attraverso l’Isa, l’International Seabed Authority. Questo organismo nell’ultimo anno ha accelerato la corsa per stilare un quadro di regole e dare ufficialmente luce verde alle operazioni di sfruttamento. Un’accelerazione voluta soprattutto da alcuni stati insulari del Pacifico – Kiribati, Nauru e Tonga – che sponsorizzano le poche aziende attive in questo settore emergente e sperano di fare cassa. Ma che non dispiace all’industria, soprattutto quella automobilistica.

La scelta di Renault va quindi in totale controtendenza e rafforza il fronte della cautela. Lo IUCN l’anno scorso ha chiesto che vengano congelati tutti i permessi per esplorazione e sfruttamento – già assegnati – finché non avremo studi sufficienti per comprendere quali sono i possibili impatti del deep sea mining.

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Gli scienziati hanno principalmente dubbi sulle conseguenze per l’inquinamento acustico, luminoso, le vibrazioni e l’innalzamento di nubi di sedimenti causate dalle operazioni di raschiamento dei fondali con l’impatto sulla colonna d’acqua sovrastante. In alcune aree dove sono stati fatti tentativi sperimentali di sfruttamento delle miniere sottomarine, l’ecosistema in 30 anni non si è ancora ripreso del tutto.

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