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Meno del 5% delle aziende fossili ha messo una data per il phase out del carbone

Data phase out carbone: meno del 5% delle aziende l’ha fissata
Foto di Kurt Cotoaga su Unsplash

Più di 4 aziende su 10 pianifica ancora di espandere le operazioni legate al carbone

(Rinnovabili.it) – Meno del 5% delle aziende fossili globali ha messo una data per il phase out del carbone. Mentre più di 4 compagnie su 10 sta ancora espandendo le operazioni di estrazione della fonte fossile più inquinante. La fotografia “desolante” per il 2023 l’ha scattata la tedesca Urgewald, che insieme a altre 40 ong cura il database Global Coal Exit List.

Dati che contrastano con l’impressione che si potrebbe ricavare scorrendo la lista, in continua espansione, dei paesi che fissano ufficialmente una data per il phase out del carbone. Se in alcuni casi si registra effettivamente un trend alla chiusura anche anticipata degli impianti, il bilancio netto è ancora in crescita. Dal 2015, anno dell’Accordo di Parigi, la capacità installata di carbone nel mondo è cresciuta di 186 GW: “più degli impianti attivi in Germania, Giappone, Corea del Sud e Indonesia messi insieme”, nota Urgewald.

Altro che phase out del carbone: la pipeline è lunga 516 GW

Qual è la situazione nel 2023? Secondo il database, che tiene traccia delle operazioni di oltre 1.400 aziende globali attive nel settore del carbone, la pipeline dei nuovi progetti pesa ancora per 516 GW di capacità installata. Se venisse realizzata interamente aumenterebbe il totale mondiale del 25%.

“Il quadro generale che forniscono i nostri dati è desolante”, afferma Heffa Schuecking, direttrice di Urgewald. “Delle 1.433 aziende del GCEL, solo 71 hanno annunciato date di uscita dal carbone. Nel frattempo, 577 aziende stanno ancora sviluppando nuove risorse legate al carbone. Senza un’azione energica da parte dei governi, del settore finanziario e dei regolatori, il capitolo del carbone non sarà chiuso”.

E non c’è solo la Cina. Pechino è in prima linea in termini di aziende fossili che stanno espandendo le operazioni (8 delle prime 10 sono cinesi). Ma senza investitori propensi a scommettere ancora sul carbone il quadro sarebbe profondamente diverso. E gli investitori sono soprattutto statunitensi. Sono 96 quelli con base negli Stati Uniti, guidati dai colossi BlackRock e Vanguard, a garantire agli operatori cinesi i necessari flussi finanziari. Da questi canali passa infatti il 26% degli investimenti istituzionali nelle 8 maggiori aziende fossili di Pechino.

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