Il dossier di CAT analizza le contromisure prese in tutto il mondo contro la crisi energetica
(Rinnovabili.it) – La risposta dell’Italia alla crisi energetica e alla guerra in Ucraina va contro l’impegno sul climate change. E sta facendo deragliare l’intera Europa, insieme a mosse analoghe di Germania, Olanda e Grecia. Motivo? Roma pianifica “una pletora di nuovi progetti per il gas”, molti inutili. Inutili perché non saranno costruiti in tempo per dare l’energia necessaria a staccarsi dalla Russia nel breve termine. Ma anche dannosi, perché “aumenterebbero le emissioni a lungo termine, bloccando le infrastrutture ad alta intensità di carbonio per decenni nel futuro”. I piani di questi 4 paesi, da soli, in futuro porterebbero in Europa il 25% di gas in più rispetto ai volumi importati oggi.
È il giudizio sferzante del nuovo dossier di Climate Action Tracker (CAT), in cui il consorzio di organizzazioni di ricerca ambientale passa ai raggi x le contromisure di molti paesi per fronteggiare l’impennata dei prezzi energetici e le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina. “Stiamo per assistere a una “corsa all’oro” globale per la produzione di nuovi gas fossili, gasdotti e impianti GNL, che rischiano di bloccarci in un altro decennio ad alto contenuto di carbonio e di mantenere fuori portata il limite di riscaldamento di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Niklas Höhne del NewClimate Institute, un’organizzazione partner di CAT.
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Il nodo principale è quello del gas. Con l’ondata di nuovi progetti per terminal di GNL in tutta Europa pianificati fino al 16 maggio, si arriverebbe a una capacità stimata di 150 miliardi di metri cubi (bcm) di gas aggiuntivo. “Se tutti questi progetti venissero realizzati, si verificherebbe una significativa sovraccapacità di importazione di gas. Nel 2020, l’Europa ha importato 115 miliardi di metri cubi di GNL: i piani attuali potrebbero più che raddoppiare questo numero”, scrivono gli autori del dossier. Il rischio che diventino stranded asset e incatenino l’UE a livelli di emissioni più alti in futuro è reale.
Mettendo il grandangolo, CAT dipinge un quadro disarmante a livello globale. Dopo aver largamente fallito nell’impostare una ripresa verde post-Covid, sostiene il dossier, i paesi stanno commettendo gli stessi errori durante questa crisi energetica, per la seconda volta nell’arco di due anni. Alcuni esempi. Molti paesi hanno previsto compensazioni per cittadini e imprese riguardo l’aumento dei prezzi dell’energia, ma sono calibrate in modo da incentivare ancora di più l’uso di fossili. Pochi paesi stanno tassando gli extra profitti (quasi l’unico capitolo su cui l’Italia viene promossa). Con i prezzi dell’energia che iniziano a calare bisognerebbe introdurre un prezzo della CO2 o tagliare i sussidi alle fossili, ma solo la Danimarca lo sta facendo. Mancano poi incentivi ai cittadini per cambiare comportamenti, ad esempio facilitare l’accesso al trasporto pubblico.
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“Il mondo ha perso l’enorme opportunità di utilizzare i pacchetti di ripresa post-pandemia per sostenere la decarbonizzazione delle loro economie – e ora sembra che questo accadrà di nuovo, con questa nuova crisi”, ha dichiarato Bill Hare, ad di Climate Analytics, l’altra organizzazione partner di CAT. “Qualcosa deve cambiare: non possiamo continuare a rispondere a shock di breve durata, siano essi pandemie o crisi energetica dovuta a conflitti, adottando misure che aumenterebbero le emissioni, ignorando la crisi incombente del cambiamento climatico”.