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Disastro assicurato: le grandi compagnie assicurative alimentano la crisi climatica

Un rapporto di Share Action, no-profit che fa campagne sull’investimento responsabile e sostenibile, spiega che le più grandi compagnie assicurative al mondo non hanno policy adeguate su crisi climatica, biodiversità e fattori sociali come la tutela dei diritti umani. Sia nello stipulare polizze, sia nell’investirne i proventi

Crisi climatica: anche le grandi assicurazioni la alimentano
Foto di Miles Burke su Unsplash

Meno del 25% delle assicurazioni ha obiettivi concreti al 2030 sulla crisi climatica

(Rinnovabili.it) – La maggior parte delle grandi compagnie assicurative globali continua a stipulare polizze e a investire i premi che ne ricava in progetti e aziende che danneggiano l’ambiente, alimentano la crisi climatica, e contribuiscono a violazioni dei diritti umani. Gettandogli, in pratica, un salvagente che li rende ancora sostenibili economicamente. Lo denuncia un rapporto di Share Action, un’iniziativa no-profit sugli investimenti responsabili e sostenibili, rilasciato di recente.

Tra le 65 compagnie assicurative passate al vaglio nel rapporto, nessuna viene davvero promossa. Solo due – AXA Group e CNP Assurances SA – totalizzano più di metà dei punti disponibili, assegnati sulla base di 74 indicatori che valutano l’approccio alla crisi climatica, alla biodiversità e alle questioni sociali. Circa metà, invece, riceve il due punteggi più bassi (E e F), e appena 7 assicurazioni arrivano alla B.

Assicurare la crisi climatica

Sulla crisi climatica, molte compagnie hanno delle policy (anche se solo a lungo termine) ma la loro applicazione è traballante o piena di scappatoie. “Le polizze degli assicuratori consentono ancora di sottoscrivere o investire in progetti relativi a carbone, petrolio e gas non convenzionali e nuovi progetti di petrolio e gas convenzionali”, spiega Share Action.

“La maggior parte degli assicuratori non è riuscita a escludere la sottoscrizione di alcuni dei progetti sui combustibili fossili più controversi al mondo” come la miniera di carbone di Carmichael in Australia o la East African Crude Oil Pipeline (EACOP). Meno di ¼ delle compagnie ha fissato degli obiettivi intermedi concreti, con orizzonte 2030, che coprano sia le sottoscrizioni che gli investimenti.

Biodiversità e diritti umani, il punto cieco delle assicurazioni

Sul fronte della tutela della biodiversità, le compagnie assicurative fanno anche peggio. La protezione degli ecosistemi per loro è un “punto cieco”, sottolinea il rapporto. Ben il 43% delle 65 entità analizzate – e il 100% di quelle nordamericane – non ha alcuna policy in merito.

Mentre gli aspetti sociali – dalla produzione di armamenti ai temi di salute pubblica ai diritti delle popolazioni indigene – sono regolati quasi esclusivamente per allinearsi alle legislazioni nazionali. “Gli investitori hanno riferito di interagire con i clienti su temi sociali molto meno frequentemente rispetto a questioni legate al clima. Pochissimi assicuratori hanno riferito di utilizzare metriche sociali per valutare le società partecipate e nessuno ha riferito di impegnarsi con i clienti sottoscrittori sugli impatti sui diritti umani o sul lavoro”, spiega ancora Share Action. Il 77% delle compagnie chiude tutti e due gli occhi quando si tratta di stipulare polizze, e il 40% lo fa anche quando decide dove investire i premi assicurativi.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.