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Nasce l’alleanza globale per riconoscere il crimine di ecocidio

Tanta Europa, ma anche Brasile, Stati Uniti e Filippine: da qui vengono i parlamentari che hanno creato l’International parliamentary alliance for the recognition of ecocide

crimine di ecocidio
Credits: succo da Pixabay

Non esiste ancora una definizione accettata di crimine di ecocidio

(Rinnovabili.it) – La chiave per rispondere alla crisi climatica? Un’azione globale e basata sul diritto. Con al centro il crimine di ecocidio. E che coinvolga la Corte penale internazionale, il tribunale chiamato a decidere su casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ne è convinta l’eurodeputata francese Marie Toussaint (Verdi/ALE). Il 23 ottobre ha lanciato l’International parliamentary alliance for the recognition of ecocide: una rete di deputati da tutti i continenti che si batte per il riconoscimento dell’ecocidio come una fattispecie giuridica a tutti gli effetti.

Con la parola “ecocidio” si intende, in genere, una serie di atti che danneggiano ambiente ed ecosistemi, spesso in modo irreparabile. Il termine richiama una dimensione ampia, transnazionale, e un impatto profondo. Vista l’importanza degli ecosistemi naturali per la vita e il benessere umani, una violazione ampia in questo ambito viene assimilata alle violazioni dei diritti umani.

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Ma è molto difficile dare una definizione esatta di ecocidio. Perché non esiste. Non c’è consenso a livello internazionale, e sono pochi i paesi che si stanno battendo in questa direzione. Spesso sono gli Stati che più di altri sono già colpiti duramente dal cambiamento climatico. Come Vanuatu e le Maldive. Più di recente l’ecocidio ha fatto capolino nei discorsi di qualche capo di Stato. E’ una promessa di Macron dopo la debacle alle ultime elezioni. Ma è ben lontano dal diventare pane quotidiano del dibattito politico, così come è piuttosto assente dal dibattito pubblico.

Per rovesciare questa situazione e rendere più efficaci le politiche climatiche degli Stati, Toussaint e gli altri politici coinvolti nell’iniziativa spingono perché il termine venga adottato dalla Corte penale internazionale, tramite una modifica allo Statuto di Roma che ne regola il mandato. Due gli obiettivi. Il primo è arrivare ad una definizione giuridica universalmente valida di ecocidio. Sulla cui base aumentare la pressione sugli Stati affinché la inseriscano nel rispettivo corpus normativo.

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“In questo momento la legge vieta i furti e il traffico di droga ma tace sui crimini più gravi commessi contro il pianeta. Ora siamo tutti vittime del degrado climatico, dell’inquinamento e del crollo della biodiversità. Dobbiamo proteggere la natura e le generazioni future in modi molto più forti. Dobbiamo riconoscere il valore intrinseco degli ecosistemi nel nostro codice penale”, commenta Samuel Cogolati, deputato belga firmatario dell’iniziativa.

Il riconoscimento del crimine di ecocidio, sostengono i parlamentari, aiuterebbe le lotte degli attivisti in tutto il mondo. “Secondo l’ONG Global Witness, le Filippine sono il paese più pericoloso per i difensori ambientali”, ha ricordato Eufemia Cullamat, membro della Camera bassa del parlamento filippino. Mentre il brasiliano Rodrigo Agostinho sottolinea che nel suo paese “le persone che distruggono l’Amazzonia non hanno alcuna punizione, non sono ritenute responsabili e non ci sono conseguenze”.