Un’analisi di Carbon Brief sulle 50 maggiori compagnie quotate in borsa che hanno fissato obiettivi net zero rivela come usano i crediti di carbonio acquistati sul mercato volontario. E i dubbi dietro la loro efficacia
Shell, Volkswagen e Chevron sono i maggiori acquirenti
(Rinnovabili.it) – Sono le compagnie fossili e le case automobilistiche i maggiori acquirenti mondiali dei crediti di carbonio. Tra quelli comprati dalle 50 maggiori compagnie globali che hanno fissato degli obiettivi per la neutralità di carbonio, queste due categorie pesano per il 78% del totale. Le compagnie energetiche, da sole, coprono il 50%.
In questo modo rivendicano pubblicamente di aver “compensato” le loro emissioni di gas serra. In realtà, in molti casi i progetti che dovrebbero garantire le compensazioni non funzionano come dovrebbero. Trasformando i carbon offset in “licenze per inquinare”. Lo sostiene un’analisi condotta da Carbon Brief sul panorama globale dei crediti di carbonio pubblicata ieri.
Dentro il mondo dei crediti di carbonio
Delle 50 aziende individuate, tra quelle quotate in borsa, solo 28 hanno comunicato ufficialmente di fare uso di crediti di carbonio. Ma anche le altre ne fanno uso. Le prime 34, insieme, hanno acquistato carbon offset equivalenti a 38 milioni di tonnellate di CO2 tra il 2020 e il 2022. Una quantità di gas serra pari a quelle generate ogni anno da un paese come la Svezia o il Portogallo. In cima alla classifica figura Shell con 9,9 mln t, seguita da Volkswagen (9,6 mln t) e, più distante, Chevron (6 mln t).
Anche se quasi tutte queste aziende sono basate in paesi sviluppati, i progetti che garantiscono loro i carbon offset sono perlopiù localizzati in paesi in via di sviluppo: qui si concentrano 35 dei 38 mln t totali di CO2 “evitata”. Il paese che elargisce più crediti è l’Indonesia (9,2 mln t CO2), seguita da Cina (6 mln), Colombia (5,8 mln) e Perù (5,1 mln). Proprio in Indonesia si trova il progetto di maggiori dimensioni: la preservazione della torbiera di Katingan, che ha generato da sola 5,4 mln di carbon offset.
Alcuni dei paesi che generano più compensazioni hanno problemi noti con questi progetti. “In Perù, ci sono state accuse aver esagerato i tagli alle emissioni garantiti e di comunità sfollate, gli stili di vita indigeni sarebbero stati danneggiati in Kenya e il governo dello Zimbabwe ha sostenuto che lo stato non sta beneficiando di progetti di compensazione sul suo territorio”, ricorda Carbon Brief. In Colombia, il maggior serbatoio di carbon offset di Chevron, virtualmente tutti i crediti acquistati tra 2020 e 2022 sono stati definiti “spazzatura” da un’analisi dell’ong Carbon Accountability.
In generale, più di metà dei crediti (il 52%) viene da progetti di tutela delle foreste sotto l’etichetta REDD+. “Tuttavia, i progetti REDD+ che emettono crediti sul mercato volontario sono da anni oggetto di critiche da parte di ONG internazionali e gruppi indigeni, che li hanno accusati di collegamenti con sfollamenti forzati e frodi. C’è anche un crescente numero di ricerche che suggeriscono che questi progetti sovrastimano il volume di emissioni che evitano”, sottolinea Carbon Brief.