L’ong Transport & Environment spiega che Bruxelles ha due opzioni per evitare che le compagnie petrolifere scarichino sui cittadini i costi aggiuntivi che arriveranno dal nuovo ETS su edifici ed auto. Entrambe abbastanza solide dal punto di vista legale da resistere ai ricorsi di Big Oil
Uno scudo europeo per proteggere i cittadini dai costi della transizione
(Rinnovabili.it) – Da quando Bruxelles ha presentato il nuovo ETS europeo, che copre edifici e auto, in molte capitali europee si teme lo spettro di proteste su grande scala come quelle dei Gilet gialli francesi. Il mercato del carbonio aggiuntivo, infatti, rischia tra le altre cose di far schizzare in alto i prezzi della benzina e quindi di avere un impatto diretto e pesante sui cittadini. Saranno loro a dover pagare il grosso dei costi della transizione?
Secondo l’ong Transport & Environment no. L’UE ha infatti tutti gli strumenti legali per obbligare i produttori di combustibili fossili ad assorbire almeno una parte dei costi maggiori, invece di scaricarli sui consumatori. Nel dossier appena pubblicato “Requiring Oil Majors to Pay”, T&E analizza diversi scenari in cui i costi della transizione sono suddivisi tra produttori e cittadini secondo meccanismi solidi dal punto di vista legale, a prova di ricorso.
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La prima opzione consiste nell’obbligare le compagnie petrolifere a versare nel Fondo sociale per il clima (FSC) tutti gli utili “in eccesso”, nel caso in cui decidano di scaricare sui consumatori gli aumenti legati al nuovo ETS oltre una certa soglia. Il FSC è un fondo appena istituito dall’UE per contrastare il rischio di povertà energetica e povertà dei trasporti, proprio in vista dell’entrata in vigore del nuovo mercato del carbonio. Con una dotazione di 72 mld di euro (più altrettanti messi dagli Stati), è una sorta di tampone su scala continentale contro l’aumento dei costi per le famiglie più in difficoltà. Nella proposta di T&E, questo fondo funziona come stabilito dall’UE ma viene alimentato, oltre che dai proventi della vendita delle quote dell’ETS, anche dagli extra-profitti delle compagnie petrolifere.
La seconda opzione è più semplice ma probabilmente meno efficace. Consiste nel limitare il prezzo al dettaglio del carburante nelle stazioni di benzina. In questo caso, calmierare i prezzi obbligherebbe le compagnie petrolifere ad assorbire parte dell’aumento dei costi della transizione. Ma è l’opzione meno preferibile, conclude T&E, perché è più slegata dalle politiche climatiche in quanto non garantisce che il denaro risparmiato venga speso in misure di contrasto al cambiamento climatico.
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