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Coronavirus, primo caso nelle popolazioni indigene dell’Amazzonia

Nell’Amazzonia settentrionale è stato riscontrato il primo caso di COVID-19: è una donna indigena Kokama di vent’anni che lavora come agente sanitario ad averlo contratto e ora le autorità temono un impatto devastante sulle popolazioni indigene

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Di lubasiCatedral Verde – Floresta Amazonica, CC BY-SA 2.0, Collegamento

Mentre Coronavirus si diffonde in tutto il Brasile, crescono i timori per le popolazioni indigene

(Rinnovabili.it) –  L’ente del governo federale responsabile dei servizi sanitari per gli indigeni del Brasile (SESAI) ha riscontrato il primo caso di Coronavirus (COVID-19) nell’Amazzonia settentrionale. Si tratta di una donna kokama di vent’anni, a cui è stato effettuato il tampone, assieme ad altre 27 persone, a causa dell’incontro con il Dr. Matheus Feitosa, positivo al COVID-19. La donna indigena è un agente sanitario che vive nel villaggio di São José, nel distretto di Santo Antônio do Içá, a circa 250 chilometri dal confine con la Colombia. Era entrata in contatto con Feitosa, medico di SESAI, dopo che quest’ultimo aveva preso in cura – con guanti e mascherina, pratica normale per i medici dell’ente – una decina di indigeni in un villaggio della zona di Tikuna, vicino al confine con l’Ecuador. 

Secondo Sofia Mendonça, medico e coordinatore del Progetto Xingu presso l’Università Federale di São Paulo, COVID-19 potrebbe avere un impatto devastante sulle popolazioni indigene, simile alle grandi epidemie del passato. Il rischio che il virus si diffonda nelle comunità è alto e potrebbe provocare “un genocidio. Il problema è aggravato dall’isolamento: per molti sono necessarie più di 24 ore di canoa motorizzata per raggiungere l’ospedale più vicino. È questo il motivo per cui la Procura federale ha presentato una richiesta alle autorità brasiliane: rendere disponibili i trasporti di emergenza per le popolazioni indigene in questo periodo.

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Andrey Moreira Cardoso, medico e ricercatore della Oswaldo Cruz Foundation (ENSP/FIOCRUZ) e del Gruppo di lavoro per la salute indigena dell’Associazione Brasiliana di Salute Collettiva (ABRASCO), teme un aumento esponenziale dei casi di coronavirus nei villaggi. Infatti le infezioni respiratorie si diffondono più rapidamente tra le popolazioni autoctone a causa di condizioni di vita generalmente peggiori rispetto a quelle dei non indigeni. Cardoso spiega che, nonostante pare che il coronavirus colpisca “più seriamente le persone anziane […] non sappiamo se questo è ciò che accadrà nei villaggi. Sappiamo che i bambini indigeni hanno livelli di anemia e malnutrizione molto alti e sappiamo anche che i loro polmoni possono essere in cattive condizioni a causa degli incendi”, fattore che contribuisce a favorire “ripetute infezioni respiratorie”. 

La Procura federale ha chiesto alle autorità responsabili della salute degli indigeni di adottare azioni protettive come l’inclusione degli indigeni in un gruppo prioritario per la vaccinazione influenzale. Ha anche proposto di fornire alle popolazioni indigene cibo, materiali per la pulizia e tamponi per il COVID-19, oltre a squadre sanitarie in tutti i loro territori. Mendonça ha chiesto un’azione urgente soprattutto per i gruppi indigeni più isolati: sarebbero 107 solo nell’Amazzonia brasiliana. 

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