L’Europa e l’Italia in particolare dipendono sempre di più dal gas fossile azero
(Rinnovabili.it) – Anche la COP29 in Azerbaijan che si svolgerà alla fine del 2024 avrà un presidente “fossile”. Baku ha nominato per il ruolo Mukhtar Babayev, dal 2018 ministro dell’Ecologia e delle Risorse Naturali. Credenziali “verdi” che virano al nero quando si guarda il resto del suo curriculum: per 26 anni ha lavorato alla Socar, la compagnia nazionale degli idrocarburi del paese caucasico, ricoprendo diversi ruoli di spicco. Lo ha annunciato il 4 gennaio la presidenza della COP28 con un post su X.
Una nomina, quella di Babayev, che ripropone anche per la COP29 in Azerbaijan lo spettro di un vertice sul clima guidato dagli interessi fossili, come è stato per la COP28 di Dubai nel 2023. Il presidente emiratino, Sultan al-Jaber, ricopriva contemporaneamente l’incarico di inviato speciale per il clima degli EAU e quello di capo dell’ADNOC, la compagnia statale del petrolio e del gas. E nonostante l’esito della conferenza di Dubai abbia sancito, per la prima volta nero su bianco, l’esigenza di una “transizione dalle fossili”, l’accordo resta vago e incorpora molti punti deboli – ad esempio, blinda il ruolo del gas fossile.
Chi è Mukhtar Babayev, il presidente della COP29 in Azerbaijan?
Sul profilo di Babayev i dettagli sono pochi. Alla Socar ha ricoperto ruoli diversi dal 1994 in poi, passando dal curare le relazioni internazionali della compagnia fino a diventare il responsabile per le policy ambientali del colosso del petrolio e del gas. Si è speso per implementare azioni e politiche sui terreni contaminati dall’inquinamento da fossili e, al suo attivo, ha diverse iniziative concrete.
Ma sono accompagnate dalla convinzione che la stabilità dei prezzi del petrolio – e la continuazione del modello di business fondato sulle fonti fossili – sia la precondizione per riuscire a portare avanti queste azioni. Da ministro viene ricordato più per il supporto alla guerra all’Armenia che per politiche energetiche ed ambientali innovative. È di Babayev l’idea di citare in giudizio Yerevan per i danni ambientali causati durante l’occupazione del Nagorno-Karabakh, riconquistato integralmente da Baku lo scorso settembre dopo decenni di guerra di attrito.
L’alfiere del gas fossile
L’altro dossier che ha impegnato Babayev negli ultimi anni, come ministro, è l’espansione dell’export di gas fossile del paese. Un settore che ha garantito più del 90% delle entrate nelle casse statali azere nel 2023. E su cui, anche grazie alle sponde europee (e italiane), Baku sa di avere gioco facile. Soprattutto con il progressivo stop alle forniture russe di gas all’Europa.
I piani di Baku prevedono di espandere di circa 1/3, entro i prossimi 10 anni, i volumi di gas estratti oggi. Da 37 a 49 miliardi di metri cubi (bcm). Pompando di più dal maxi giacimento offshore di Shah Deniz, da cui il paese autocratico guidato dalla famiglia Aliyev fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica conta di ricavare 411 bcm di gas in un decennio. Abbastanza per emettere in atmosfera 781 milioni di tonnellate di CO2, calcola Rystad Energy. Circa il doppio delle emissioni annuali dell’Italia. Tutto questo in un periodo, il prossimo decennio, ritenuto cruciale per l’azione climatica, durante il quale la produzione globale di fossili dovrebbe iniziare a calare significativamente per raggiungere gli obiettivi di Parigi.