Phase out delle fossili, obiettivo globale per le rinnovabili, stop a propagandare la CCS come soluzione valida e matura. Su questi tre obiettivi minimi per il vertice sul clima, CAT analizza di si sta muovendo nella direzione giusta e chi rema contro
La Cop28 di Dubai si terrà a dicembre
(Rinnovabili.it) – Sono 3 gli obiettivi per poter dichiarare la Cop28 di Dubai un successo: parlare di phase out delle fonti fossili, fissare nuovi obiettivi globali per le rinnovabili, evitare false soluzioni come la CCS (cattura e stoccaggio del carbonio). Ma molti paesi stanno sistematicamente remando in direzione contraria. Rendendo sempre più concreto il rischio che il vertice sul clima di fine anno finisca in un fallimento.
Chi rema contro la Cop28 di Dubai?
È quanto emerge da un rapporto pubblicato di recente da Climate Action Tracker (CAT), in cui si mappano le posizioni dei paesi rispetto a questi tre temi fondamentali per la Cop28 di Dubai. Il punto più delicato e quello con meno progressi è quello del phase out. Tutti i maggiori produttori, sottolinea CAT, non solo non si sono impegnati a dire basta per lo meno a nuovi investimenti nel settore, ma al contrario li hanno aumentati.
“I principali produttori ed esportatori di petrolio e gas, come Stati Uniti, Canada, Norvegia e Australia, hanno la chiara responsabilità di muoversi per primi. Tuttavia, tutti hanno in programma di espandere la produzione e l’esportazione di combustibili fossili. Solo una manciata di paesi, tutti produttori minori, ha cessato o si è impegnata a cessare la produzione di petrolio e gas”, spiega CAT. Per non parlare dei sussidi fossili: tante promesse ma ben pochi paesi li hanno toccati o rimodulati davvero. O degli investimenti internazionali nelle fossili: il G7 a guida giapponese si è appena rimangiato la parola.
Sulle rinnovabili ci sono progressi oggettivi ma disomogenei. Non tutti i paesi sono sulla stessa traiettoria e ci sono ancora dei problemi con barriere di policy. Mentre sul fronte della CCS, il timore di CAT è che la Cop28 di Dubai promuova la cattura e lo stoccaggio di CO2 per allungare la vita alle fossili. Questo è quantomeno l’indirizzo sponsorizzato dagli Emirati Arabi Uniti, che spingono per un phase out delle emissioni fossili.
“In ogni caso, la CCS non è neanche lontanamente vicina alla scala e alla fattibilità commerciale necessarie per ottenere una riduzione delle emissioni su scala, in gran parte a causa delle sfide tecnologiche e di costo. Oltre agli Emirati Arabi Uniti, anche altre grandi economie esportatrici di combustibili fossili come Stati Uniti, Canada, Australia e Arabia Saudita stanno spingendo per la CCS per ridurre le emissioni derivanti dalla produzione e dalla combustione di petrolio e gas”, conclude CAT.