I paesi africani raggiungono una posizione comune da tenere al summit sul clima di novembre: no a promesse sul phase out delle fossili, cambiare le regole della finanza climatica
Lettera aperta di 400 ong, la COP27 di Sharm el-Sheikh si fa (o naufraga) sul tema dei loss & damage
(Rinnovabili.it) – Più soldi per affrontare la crisi climatica e via libera allo sfruttamento delle risorse di gas del continente. È la posizione comune con cui i paesi africani, Egitto in testa, si presenteranno alla COP27 di Sharm el-Sheikh a novembre. Con buona pace di chi sperava che quest’anno si sarebbe riusciti a dar seguito ad alcune delle premesse più importanti gettate dal summit sul clima di Glasgow, tra cui il primo impegno globale ad abbandonare (meglio: diminuire l’uso) di carbone.
Non ci dobbiamo aspettare nessuna adesione a un phase out repentino o accelerato delle fonti fossili, quindi. Certo, la posizione è solo quella del gruppo delle nazioni africane, ma tra queste c’è lo stesso paese organizzatore del summit sul clima di quest’anno. L’Egitto avrebbe il compito di mediare tra le diverse posizioni e facilitare i compromessi, ma chiaramente il livello di ambizione di partenza ha il suo peso.
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Il documento finale della tre giorni che ha riunito al Cairo i ministri africani dell’economia, delle finanze e dell’ambiente, sottolinea infatti “la necessità di evitare approcci che incoraggino bruschi disinvestimenti dai combustibili fossili, poiché ciò minaccerà lo sviluppo dell’Africa”. Molti paesi africani stanno puntando sul gas come energia di transizione e – almeno a parole – come soluzione per garantire accesso all’energia a tutti. Ad oggi, circa 600 milioni di africani non hanno accesso diretto all’elettricità. Tuttavia, molti osservatori credono che il gas servirà più a promuovere nuovi accordi con i paesi più energivori (tra cui l’Europa) che a garantire uno sviluppo locale dell’industria. Tanto meno ad aiutare più di metà della popolazione del continente ad avere elettricità, visto che la maggior parte si trova in aree rurali interne dove le soluzioni più efficienti – e praticabili – sono rinnovabili e mini-grid.
L’altro punto discusso al Cairo nel fine settimana è invece il dossier più scottante della COP27 di Sharm el-Sheikh. La finanza climatica, infatti, continua ancora a spaccare nord e sud globali. I paesi africani rivendicano il diritto a una fetta di torta più grade perché ricevono in media solo il 5,5% del denaro mobilitato ogni anno, anche se il loro contributo storico al global warming è minimo così come la loro impronta di carbonio attuale. E sono tra i più esposti all’impatto della crisi climatica. Tra i temi prioritari di cui discutere a novembre, propongono i ministri africani, c’è come facilitare l’accesso ai prestiti.
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La finanza climatica e, in particolare, il tema dei loss & damage – le perdite e i danni che dovrebbero essere quantificati e ripagati dai paesi più ricchi a vantaggio di quelli più poveri – è al centro dell’attenzione da mesi. Il tema è così scottante che ci sono addirittura resistenze a inserirlo nell’agenda ufficiale della COP27 di Sharm el-Sheikh.
Ma per molti paesi e per la società civile è un punto irrinunciabile. “Il finanziamento delle perdite e dei danni è una questione di importanza fondamentale per l’imminente conferenza sul clima in Egitto. La credibilità dei colloqui sul clima è appesa a un filo”, spiega Harjeet Singh di Climate Action Network. CAN è una delle circa 400 ong che il 9 settembre hanno pubblicato una lettera aperta in cui chiedono che i loss & damage ricevano l’attenzione dovuta. “La conferenza COP27 sarà considerata un fallimento se le nazioni sviluppate continueranno a ignorare la richiesta dei Paesi in via di sviluppo di istituire uno strumento di finanziamento delle perdite e dei danni per aiutare le persone a riprendersi dal peggioramento delle inondazioni, degli incendi e dell’innalzamento dei mari”, ha aggiunto Singh.