Autorizzazioni rinnovabili, il Consiglio storce il naso sul silenzio assenso
(Rinnovabili.it) – Non solo il price cap del gas. Il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato ieri anche un altro elemento fondamentale per la sicurezza energetica europea. Parliamo della Direttiva per accelerare le rinnovabili in Europa, uno degli atti inseriti nel pacchetto REPowerEU. Dopo la definizione della posizione europarlamentare, anche i Ventisette hanno votato il proprio testo emendato per iniziare negoziati con Strasburgo.
Il provvedimento in questione apporta modifiche mirate della legislazione esistente nel settore dell’energia, in particolare alla direttiva sulle energie rinnovabili (RED), quella sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD) e quella sull’efficienza energetica (DEE). L’elemento clou della nuove norme? La progettazione da parte della Stati membri di zone espressamente dedicate agli impianti rinnovabili, con processi di autorizzazione abbreviati e semplificati.
Una mappa delle aree idonee
Il Consiglio ha convenuto che i Paesi UE debbano mappare queste “aree di accelerazione” entro 18 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, adottando piani ad hoc per la loro istituzione entro 2 anni e mezzo. E accompagnando la progettazione con misure di mitigazione che contrastino eventuali conseguenze ambientali negative. L’intero piano sarebbe quindi soggetto a una VIA semplificata, al posto di singole valutazioni di impatto ambientale per ogni nuovo progetto in queste aree. Le future zone di riferimento non coinvolgeranno solo la terraferma anche anche il mare e le acque interne; gli Stati membri hanno concordato un termine di massimo 1 anno per il via libera ai progetti inseriti in questi contesti (2 in caso di rinnovabili offshore), escludendo però gli impianti di combustione di biomasse e gli quelli idroelettrici.
Per il repowering degli impianti e per i nuovi impianti con una capacità elettrica inferiore a 150 kW, impianti di accumulo co-localizzati e la loro connessione alla rete, i processi autorizzativi dovrebbero non superare i sei mesi; un anno nel caso di impianti eolici in mare. A differenza dell’Europarlamento, il Consiglio ritiene che la mancata risposta entro i termini stabiliti possa essere considerata un tacito assenso a passaggi intermedi, ma che i permessi richiedano sempre un’esplicita decisione finale sull’esito del processo.