Due settimane per tirare le fila di 12 mesi di negoziati: l’obiettivo della Cop28 è un accordo finale che acceleri la transizione e affronti finalmente la principale causa del riscaldamento globale antropico: i combustibili fossili. Numeri, temi e sfide del vertice sul clima di Dubai negli approfondimenti di Rinnovabili.it
Il summit di Dubai si svolge dal 30 novembre al 12 dicembre
(Rinnovabili.it) – Il futuro dell’azione globale contro la crisi climatica sarà scritto nelle prossime due settimane a Dubai. Inizia oggi, nella capitale commerciale degli Emirati Arabi Uniti, la conferenza sul clima Cop28. Il vertice internazionale, che si svolge ogni anno in una città diversa, è il culmine di 12 mesi di negoziati sulle sfide e le soluzioni globali su clima ed energia. Dalla Cop28 uscirà – salvo fallimenti della diplomazia – una decisione finale con nuovi impegni per mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5°C, come pattuito dall’Accordo di Parigi, e con nuove indicazioni per accelerare la trasformazione del sistema energetico globale.
I numeri della conferenza sul clima Cop28
I negoziati si svolgono sotto l’egida della Convenzione Quadro dell’ONU sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) e coinvolgono 198 paesi membri, paesi osservatori ed entità sovranazionali. Tra il 30 novembre e il 12 dicembre, a Dubai sfileranno 140 capi di stato e di governo per prendere parte ai negoziati. Mancherà Joe Biden, che ha dato forfait, così come non si muoverà da Pechino il presidente cinese Xi Jinping.
Di solito, l’assenza dei vertici dei due più grandi inquinatori mondiali non è di buon auspicio per i vertici sul clima. Sono i leader politici quelli che possono siglare i compromessi sui dossier più intricati negli ultimi giorni del summit, partendo dal lavoro degli sherpa e di migliaia di partecipanti. Tra delegazioni nazionali e osservatori della società civile, alla conferenza sul clima Cop28 sono attese circa 70mila persone.
La crisi climatica irrompe a Dubai
Quella di Dubai è la prima Cop che si svolge dopo che la temperatura media del Pianeta ha superato, anche se per pochi giorni, la fatidica soglia dei 2 gradi, il limite massimo stabilito con il Paris Agreement nel 2015. E si svolge in un 2023 che, con oltre il 99% di probabilità, sarà l’anno più caldo della storia, battendo il record precedente che risale al 2016.
Tra i segnali più preoccupanti dell’accelerazione in corso della crisi climatica ci sono i dati degli ultimi mesi. Tra giugno e ottobre abbiamo vissuto 4 mesi a ridosso o ben al di sopra degli 1,5°C. Settembre 2023 è arrivato a una media di +1,75°C sul periodo di riferimento (la seconda metà dell’Ottocento).
Valori alimentati da molti altri record infranti nel corso dell’anno. Dal bilancio energetico della Terra, la cui media mobile su 12 mesi, a fine settembre, ha toccato i 1,94 W/m2: una quantità di energia, trattenuta dal Pianeta, che corrisponde a quella liberata da quasi 16 bombe atomiche come quella che ha distrutto Hiroshima ogni secondo. Alla temperatura media degli oceani, che a fine agosto ha raggiunto il valore senza precedenti di 21,1°C e, da metà marzo senza interruzioni, è stabilmente molto al di sopra del valore massimo mai registrato in precedenza.
Cop28 di Dubai, di cosa si parla al vertice sul clima?
Di fronte a una situazione del genere, gli ultimi rapporti dell’IPCC, pubblicati tra 2021 e 2022, e altri rapporti ONU rilasciati a ridosso della conferenza sul clima Cop28 lanciano all’unisono l’allarme: resta poco tempo per agire in modo efficace e non sforare gli 1,5 gradi. Il budget di carbonio della Terra si sta restringendo più velocemente del previsto (ai ritmi attuali lo esauriremo in 6 anni, nel 2029). Il gap nelle risorse mobilitate per l’adattamento al climate change è enorme: servono almeno 400 miliardi di dollari l’anno entro il 2030, un volume 10-18 volte più alto di quello attuale.
Nel frattempo, siamo su una traiettoria che ci porta ancora verso 3 gradi di riscaldamento globale e, allo stato attuale, abbiamo solo una chance del 14% di restare sotto 1,5 gradi, anche nello scenario emissivo più ottimistico. Secondo l’Emission Gap Report dell’UNEP, pubblicato poche settimane fa, non riusciremo a rispettare Parigi se non tagliamo drasticamente e presto la nostra dipendenza dalle fonti fossili. Entro la fine di questo decennio, calcola sempre l’UNEP in un altro rapporto, il Production gap Report 2023, il mondo produrrà il 110% di combustibili fossili in più di quanto sarebbe compatibile con la soglia di 1,5 gradi e il 69% in più di quanto sarebbe congruente con il rispetto del limite dei 2 gradi.
Stop alle fossili in termini sia di sussidi che di produzione, aumento della finanza per il clima, revisione degli impegni statali per il clima in senso più ambizioso, accelerazione su rinnovabili e altre tecnologie per la transizione, meccanismi per assicurare equità e giustizia tra Nord e Sud del mondo durante queste trasformazioni: sono questi i dossier al centro della conferenza sul clima Cop28.
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Guida completa alla Cop28 di Dubai
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