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Per le compagnie fossili, la transizione è ancora più un rischio che un’opportunità

Carbon Tracker valuta le policy delle 25 maggiori aziende oil&gas globali rispetto allo scenario di transizione moderata dell’IEA, l’Announced Pledges Scenario (APS), e sulla base di 5 metriche (opzioni di investimento, decisioni sui progetti recenti, piani di produzione, obiettivi di emissione e remunerazione dei dirigenti). Tutte hanno portafogli molto esposti alla transizione e al futuro calo della produzione di idrocarburi e nessuna eccetto la bp pianifica di ridurre i volumi estratti

Compagnie fossili: nessuna major è allineata a 1,5°C
Foto di Anthony Aird su Unsplash

Una “pagella” per orientare gli investitori che scommettono sull’oil&gas

(Rinnovabili.it) – Nonostante affermino di essere “parte della soluzione” e di lavorare per un futuro low-carbon, nessuna delle 25 maggiori compagnie fossili al mondo è allineata all’obiettivo di 1,5 gradi. Dovrebbero pianificare un calo progressivo e costante della produzione di gas e petrolio e ridurre l’avvio di nuove estrazioni, ma fanno l’esatto contrario. Anche se con differenze importanti da azienda ad azienda.

È il risultato della “pagella” sulla transizione energetica delle compagnie fossili elaborata da Carbon Tracker per fornire agli investitori un’idea accurata dei rischi legati a scommettere su aziende oil&gas che continuano a strutturare il loro modello di business mettendo il mondo su una traiettoria di riscaldamento globale anche di 2,4°C o più.

Pagella che valuta le policy aziendali prendendo a riferimento uno scenario di transizione moderata, l’Announced Pledges Scenario (APS) dell’Agenzia internazionale dell’energia che prevede un aumento della temperatura mondiale di 1,7°C al 2100. E scandaglia le compagnie fossili in base a 5 fattori chiave: opzioni di investimento, decisioni sui progetti recenti, piani di produzione, obiettivi di emissione e remunerazione dei dirigenti.

“Il calo della domanda di idrocarburi implicherà probabilmente una riduzione dei prezzi futuri, che i produttori dovrebbero debitamente integrare nel loro processo decisionale strategico. Gli investimenti eccessivi a breve termine potrebbero avere un impatto significativo sulla futura generazione di flussi di cassa di un’azienda: i produttori con portafogli a basso costo che si preparano adeguatamente al calo della domanda probabilmente saranno più resilienti dal punto di vista finanziario qualora i prezzi scendessero in futuro”, sottolinea Carbon Tracker.

I rischi della transizione per le top-25 compagnie fossili globali

Nessuna delle compagnie fossili raggiunge anche solo lontanamente la sufficienza. In una scala da A (voto migliore, azienda allineata a APS 1.7) ad H, la prima in classifica – British Petroleum – raccoglie appena una D. Ma la costruzione della pagella permette di apprezzare differenze importanti tra una compagnia fossile e l’altra.

Eni ed Equinor hanno i portafogli “meno rischiosi”, mentre ConocoPhillips, Occidental ed ExxonMobil sono “relativamente più esposte” a uno scenario di transizione moderata. A penalizzare praticamente tutti è la ritrosia a pianificare seriamente una riduzione della domanda di petrolio e gas. “Molti produttori stanno ancora pubblicando linee guida che indicano che la produzione aumenterà, almeno nel breve termine ma anche nel lungo termine”, sottolinea il rapporto.

“Bp è l’unico produttore ad aver dichiarato che la produzione diminuirà entro il 2030, anche se Equinor, Repsol e Shell si sono impegnate a mantenere stabili i volumi di produzione entro quella data”, continua Carbon Tracker, notando che “molti altri produttori non hanno pubblicato indicazioni oltre la metà degli anni ’20, sebbene TotalEnergies, Saudi Aramco e ConocoPhillips abbiano indicato di aspettarsi un aumento significativo della produzione fino al 2030”.