Contando le riserve provate, le fonti fossili restanti emetterebbero 3.500 Gt di CO2e in atmosfera: più di 7 volte il budget di carbonio che ci resta per gli 1,5 gradi. Anche le riserve oggi in sviluppo lo superano ampiamente, di 2-3 volte
Il monitoraggio dei combustibili fossili copre il 75% della produzione mondiale
(Rinnovabili.it) – Se bruciassimo tutti i combustibili fossili che possiamo ancora estrarre in tutto il mondo, emetteremmo qualcosa come 3.500 miliardi di tonnellate di gas serra. Più di quante ne abbiamo disperse in atmosfera dall’inizio della rivoluzione industriale. E 7 volte più di quanto ci possiamo permettere se vogliamo tenere l’obiettivo degli 1,5°C di riscaldamento globale a portata di mano.
Sono i dati che emergono dal primo database globale sui combustibili fossili, realizzato da Carbon Tracker Initiative insieme a Global Energy Monitor. Uno strumento che raccoglie in un unico posto dati solitamente sparsi tra molte fonti diverse e quindi di non facile consultazione. Per il momento, il Global Registry of Fossil Fuels copre oltre 50mila siti in 89 paesi, pari al 75% della produzione globale di fonti fossili. I dati si riferiscono alle riserve provate, alle emissioni e alla produzione effettiva.
Chi domina il registro globale dei combustibili fossili
Otto tra i maggiori produttori globali – Stati Uniti, Russia, Cina, Arabia Saudita, Venezuela, Australia, India e Iran – hanno da soli riserve che sfiorano i 2.500 mld di t di combustibili fossili, quasi il 70% del totale globale. Washington e Mosca sono i maggiori per riserve, ciascuno dei quali con oltre 500 mld di t a testa. Ovvero abbastanza per sforare gli 1,5°C, visto che il budget di carbonio che ci resta, secondo l’IPCC, è di 360 mld di t (per avere una probabilità del 66%, non la certezza, di rispettare la soglia più bassa del Paris agreement).
Russia e Stati Uniti sono anche i due paesi dove sono concentrati i maggiori volumi di combustibili fossili in progetti attualmente in sviluppo. Gli USA con oltre 63 mld di t, Mosca con più di 25 mld di t. Nella classifica dei maggiori contributori futuri all’incremento dei gas serra da fonti fossili sono seguiti dal Qatar (20,9 mld t), l’Arabia Saudita (15,3), Brasile (12,5), Canada (10,2), Iraq (9,6) e EAU (9,4).
Numeri che non sono assolutamente compatibili con gli impegni internazionali sul clima, a partire da quelli ribaditi formalmente alla COP26 di Glasgow l’anno scorso. “Ai paesi piace parlare di emissioni, non vogliono parlare di combustibili fossili”, spiega Mark Campanale, fondatore di Carbon Tracker Initiative. “Le emissioni derivano dall’uso dei combustibili fossili e non si può fare nulla per le emissioni finché non si giunge a una conclusione su cosa si intende fare per i combustibili fossili. Quando ci troviamo in una situazione in cui lo sviluppo di fonti fossili è due, tre, quattro volte superiore al budget rimanente per il carbonio, questo ci dice che la politica è più che leggermente fuori sincrono. È definitivamente fuori sincrono”.