Disinformazione e cattiva informazione fanno vincere il riscaldamento globale. Come? Rendono più difficile adottare politiche ambiziose di lungo periodo
Il documento della Royal Swedish Academy of Science fa il punto sulle minacce per il clima
(Rinnovabili.it) – Anche l’inquinamento degli ecosistemi online fa male al clima. Fake news, campagne di disinformazione, ma anche cattiva informazione (misinformation) confondono le acque. Rendono più difficile distinguere i fatti reali dalle notizie non vere o esagerate. E hanno una conseguenza importante anche sulla politica: rendono più difficile prendere delle decisioni di lungo termine. Esattamente quelle di cui c’è bisogno per mettere il clima al riparo dagli effetti del riscaldamento globale.
Lo sostiene la Royal Swedish Academy of Science in un documento preparatorio per il prossimo incontro tra premi Nobel, che avrà tra i punti all’ordine del giorno proprio il clima. “I rapporti sui social media hanno creato un ambiente tossico in cui ora è molto difficile distinguere i fatti dalla finzione”, spiega al Guardian uno degli autori, Owen Gaffney dello Stockholm Resilience Center. “Una delle maggiori sfide che l’umanità deve affrontare ora è la nostra incapacità di distinguere i fatti dalla finzione. Questo sta minando le democrazie, il che a sua volta limita la nostra capacità di prendere decisioni a lungo termine necessarie per salvare il pianeta “.
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Nel mirino dei professionisti della disinformazione c’è la lotta al cambiamento climatico, ma anche il contrasto alla perdita di biodiversità. Sul primo fronte gli autori del documento plaudono alle tante promesse per la neutralità climatica da parte di Stati, investitori e aziende avanzate di recente. Ma avvertono: la polarizzazione mediatica sul tema non facilita il compito a chi deve tener fede alle promesse, dopo averle messe nero su bianco.
Sebbene ci sia un accordo scientifico quasi totale sul cambiamento climatico e sulla sua origine antropica, l’opinione pubblica si è polarizzata su questioni fondamentali come il riscaldamento globale causato dall’uomo. E le strategie di comunicazione per ridurre la polarizzazione, notava una ricerca del 2019, affrontano raramente la causa sottostante: una disinformazione guidata ideologicamente e diffusa sia attraverso i social media sociali che i canali tradizionali.
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Uno studio in pubblicazione ad aprile sull’Annual Review of Public Health affronta la questione spiegando che le difficoltà maggiori, per le nostre capacità cognitive, derivano dal comprendere che possono esistere effetti cumulativi delle emissioni di gas serra. In qualche modo è qualcosa che ci sfugge, che non è semplice da mettere a fuoco e accettare. E ancora: la tendenza a non voler accettare il cambiamento climatico deriva anche dal rifiuto di modificare il proprio stile di vita e dalle eventuali ripercussioni socio-economiche temute in seguito all’adozione di misure di mitigazione.