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Perché la sentenza della CEDU su clima e diritti umani è storica?

Clima e diritti umani: CEDU, Stati obbligati a proteggere cittadini
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Per la 1° volta viene riconosciuto l’obbligo di tutelare clima e diritti umani

(Rinnovabili.it) – La Svizzera ha violato i diritti umani dei suoi cittadini perché non ha fatto abbastanza per tagliare le emissioni di gas serra. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo (ECHR, CEDU in italiano) dopo un anno di lavori nella sentenza, emessa il 9 aprile, sul contenzioso climatico avanzato nel 2016 da KlimaSeniorinnen Schweiz, un gruppo di 2mila anziane svizzere con un’età media di 73 anni. La sentenza ha una portata storica e riscrive il rapporto tra clima e diritti umani: la decisione dell’ECHR è legalmente vincolante, influenzerà altri tribunali e darà più chances ai contenziosi climatici in corso e futuri. È la prima volta che un tribunale internazionale stabilisce che la crisi climatica danneggia i diritti umani.

I contenziosi climatici bocciati dalla CEDU

Nella sessione di martedì scorso, la CEDU è arrivata a sentenza su tre diversi contenziosi climatici. Due sono stati rigettati.

Uno era stato presentato nel 2019 da Damien Carême, ex sindaco del comune di Grande-Synthe e ora eurodeputato. Il politico si era rivolto alla Corte UE dei diritti dell’uomo cercando di dimostrare un legame tra il rifiuto della Francia di adottare politiche più ambiziose sul clima e i danni alle abitazioni generati dal cambiamento climatico, in particolare dall’aumento del livello del mare. L’ECHR gli ha dato torto perché non vive più in Francia e non ha portato prove giudicate abbastanza convincenti.

L’altro contenzioso che non è andato a buon fine ha come protagonisti un gruppo di giovani portoghesi che si sono rivolti alla Corte per le stesse ragioni – violazioni dei diritti umani causate da politiche sul clima poco incisive – ma chiedevano una condanna sia per il Portogallo che per altri 32 paesi europei. La CEDU ha giudicato inammissibile l’accusa agli altri paesi e non ha proceduto nel caso di Lisbona perché i giovani portoghesi non hanno esaurito tutte le vie legali permesse dalla legislazione nazionale prima di rivolgersi alla Corte.

I tre contenziosi climatici facevano leva su aspetti diversi ma chiedevano la stessa cosa: sancire l’obbligo, da parte degli Stati, di proteggere i propri cittadini dagli effetti della crisi climatica. La vittoria del caso svizzero, quindi, stabilisce un precedente che ha validità per tutti i membri del Consiglio d’Europa (sono 46 i paesi firmatari della CEDU) e potrà essere usato in altri casi. D’altronde, la CEDU ha messo in pausa altri 6 contenziosi analoghi in attesa della sentenza di ieri. “La loro vittoria è anche una nostra vittoria, e una vittoria per tutti” ha dichiarato Sofia Oliveira, una ragazza di 19 anni che fa parte del gruppo di giovani portoghesi.

Cosa dice la sentenza della CEDU sul rapporto tra clima e diritti umani?

Per capire perché la sentenza sul caso delle KlimaSeniorinnen Schweiz sia una vittoria di portata globale bisogna leggere da vicino la decisione della Corte. Tutto ruota attorno all’interpretazione data all’articolo 8 della CEDU, che recita:

“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

Qual è il campo di applicazione di questo articolo? La CEDU, a larghissima maggioranza (16 voti contro 1), ha stabilito che riguarda anche il legame tra clima e diritti umani, un aspetto non esplicitato nel testo e finora mai puntualizzato dalla giurisprudenza. Secondo la Corte, l’art.8 “comprende il diritto a una protezione effettiva da parte delle autorità statali dai gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, sulla salute, sul benessere e qualità della vita”.

La Svizzera è stata condannata per le “lacune” nella legislazione nazionale. La CEDU sottolinea che la normativa svizzera non ha fatto abbastanza per “quantificare, attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo, le limitazioni nazionali alle emissioni di gas serra”. Forse ancora più importante è un altro passaggio della sentenza, dove la Corte stabilisce che il paese elvetico è da condannare anche perché “non è riuscito a raggiungere i suoi precedenti obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra”. C’è quindi un’applicazione retroattiva basata sull’idea che le mancanze del passato abbiano effetti su clima e diritti umani nel presente. Il governo di Berna “non ha agito in tempo e in modo adeguato per ideare, sviluppare e attuare legislazione e misure pertinenti in questo caso”, conclude la CEDU.

“Non riusciamo ancora a crederci. Continuiamo a chiedere ai nostri avvocati: ‘è vero?’ E ci dicono che è il massimo che potevate ottenere. La più grande vittoria possibile”, ha commentato una delle leader del gruppo di donne svizzere, Rosmarie Wydler-Waelti. “Ci aspettiamo che questa sentenza influenzi l’azione per il clima e le controversie sul clima in tutta Europa e ben oltre. La sentenza rafforza il ruolo vitale dei tribunali – sia internazionali che nazionali – nel vincolare i governi ai loro obblighi legali di proteggere i diritti umani dai danni ambientali”, sottolinea Oie Chowdhury, un avvocato della ong CIEL.

Leggi qui la sentenza della CEDU.

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