
Tanto idrogeno verde, ben poco idrogeno da altre fonti più inquinanti. E zero assoluto sul nucleare. Sono gli elementi che saltano più all’occhio nella nuova disciplina sugli aiuti di Stato che accompagnerà il Clean Industrial Deal, uno dei primi grandi provvedimenti UE sull’energia. Per ora il quadro dei sussidi è solo una bozza e potrà subire modifiche importanti prima di arrivare alla versione definitiva. Ma l’anticipazione – pubblicata da Euractiv – rivela quale sia l’orientamento generale della Commissione, un primo assaggio di come intende muoversi la nuova supercommissaria alla transizione Teresa Ribera.
Le prime notizie certe le avremo il 26 febbraio, quando è prevista la presentazione della maggior parte dei provvedimenti che compongono il Clean Industrial Deal. Tra i quali un tassello importante è proprio l’allentamento delle (finora, rigidissime) regole sugli aiuti di Stato.
Allentamento chiesto da molti paesi membri proprio per rafforzare la competitività dell’industria europea pur nella cornice della transizione, obiettivo numero 1 di questo “aggiornamento” del Green Deal.
Clean Industrial Deal a tutto idrogeno (verde)
Una delle novità più importanti riguarda l’idrogeno. Il vettore energetico è considerato fondamentale per la decarbonizzazione dell’economia del continente, in particolare per una buona porzione dell’industria pesante.
La strategia UE sull’idrogeno vuole 10 milioni di tonnellate di produzione domestica di H2 verde, cioè da elettrolisi alimentata da fonti rinnovabili, entro il 2030. Più altri 10 milioni importati. Per ora la capacità sia di produzione che di import è lontanissima da questi numeri. E uno dei problemi è il ristrettissimo mercato interno.
La Commissione UE vuole intervenire dando un chiaro trattamento preferenziale all’idrogeno verde rispetto a quello ottenuto con metodi a maggiore impatto ambientale, incluso quello blu (da fonti fossili con recupero della CO2). Nel dettaglio:
- gli aiuti di Stato sosterranno solo l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, in linea con la RED II (direttiva UE 2018/2001), oppure idrogeno definibile come low-carbon ai sensi della direttiva 2024/1788 (norme comuni per i mercati interni del gas rinnovabile, del gas naturale e dell’idrogeno);
- c’è un obbligo relativo alla quota di idrogeno rinnovabile impiegato. Il regime di aiuti deve prevedere che i progetti si impegnino a utilizzare una quota di idrogeno rinnovabile pari almeno alla quota media di elettricità da fonti rinnovabili nello Stato membro interessato, misurata due anni prima dell’anno in questione, più 25 punti percentuali, o il 90%, a seconda di quale sia inferiore;
- gli investimenti in H2 sono prioritari: le agevolazioni possono valere fino al 50% degli investimenti in impianti di produzione di idrogeno e la conversione di impianti industriali. È la percentuale più alta concessa dalle nuove regole che accompagneranno il Clean Industrial Deal;
- favorita la sostituzione del gas naturale: gli aiuti per investimenti in processi e macchinari basati sul gas fossile saranno concessi se saranno H2-ready e se l’uso del gas verrà gradualmente eliminato a favore dell’idrogeno.
Nessun sussidio al nucleare, CCS solo se permanente
Ciò che manca dal nuovo regime di aiuti di Stato a supporto del Clean Industrial Deal farà discutere tanto quanto ciò che contiene. Soprattutto sul capitolo nucleare. Capitolo che – nella versione attuale – non c’è: il testo non cita da nessuna parte l’energia dall’atomo. Un’assenza che diventerà problematica visto che la Tassonomia verde definisce sostenibile il nucleare e considerando i piani di ritorno o espansione del nucleare di molti paesi UE (Italia inclusa) puntando soprattutto sui mini-reattori modulari (SMR).
Altro capitolo sensibile è quello delle tecnologie per la cattura del carbonio industriale (CCS). Su cui la Commissione ha deciso di scommettere forte con una strategia dedicata, presentata 1 anno fa, che prevede 50 milioni di tonnellate l’anno (Mtpa) di CO2 catturata nel 2030, 280 Mtpa nel 2040 e 450 Mtpa nel 2050. Sulla CCS, sono ammessi aiuti solo per progetti che garantiscono lo stoccaggio permanente della CO2, per una quota non superiore al 30% dell’investimento complessivo.