Pechino continua a far sentire il suo peso sulle catene di fornitura globali dei materiali critici. Dal 1° dicembre vincoli all’export di tre gradi di grafite
USA, Corea del Sud e Polonia sono le principali destinazioni delle esportazioni di grafite cinese
(Rinnovabili.it) – La Cina è pronta a mettere un freno alle esportazioni di grafite lavorata, componente essenziale delle moderne batterie ricaricabili. Secondo quanto annunciato oggi dal Governo a partire dal 1° dicembre di quest’anno le aziende cinesi avranno bisogno di speciali permessi per portare il minerale fuori dai confini nazionali. Una scelta giustificata da Pechino con la volontà di “proteggere la sicurezza nazionale” ma che non può che preoccupare l’economia mondiale.
Sì perché oggi il Paese porta sul mercato mondiale il 49% della grafite naturale, una delle 34 materie prime critiche individuate dalla UE. E produce ben il 70% di quella sintetica ottenuta dai combustibili fossili, versione costosa ed inquinante ma caratterizzata da una densità e una conduttività termica maggiori. Se si considera il prodotto raffinato (esistono diversi gradi del materiale a seconda della lavorazione e della densità), la quota di mercato cinese sale ancora, fino a sfiorare il 90%.
In base a quanto comunicato dal ministero del Commercio e dall’Amministrazione generale delle dogane, i vincoli alle esportazioni di grafite riguarderanno solo tre gradi del materiale. Nonostante ciò è facile immaginare le tensioni che seguiranno. Soprattutto se si considera che gli Stati Uniti sono tra i principali acquirenti, insieme a Corea del Sud, Polonia, Giappone, e che la mossa governativa arriva con una tempistica perfetta dopo l’annuncio della Casa Bianca di voler rafforzare il controllo sull’export dei chip di IA verso la Cina.
Questo braccio di ferro commerciale non rappresenta una novità. E non è neppure la prima volta che la Repubblica popolare usa la sua posizione predominante sulle catene di fornitura per alzare la voce. Restrizioni simili a quelle imposte sulla grafite hanno coinvolto diversi materiali nel corso degli ultimi anni. L’ultima mossa? Quella del 1° agosto 2023 sull’export di gallio e germanio, due materiali essenziali per la produzione dei chip.