Lo scorso febbraio, Bruxelles ha presentato il 1° schema al mondo di certificazioni rimozione CO2
(Rinnovabili.it) – All’Europa servono riduzioni reali delle emissioni, non il “greenwashing” dei carbon removal. Permettere all’industria di conteggiare nel bilancio di gas serra le rimozioni di CO2 dall’atmosfera garantite da terzi significa credere nel “mito” che le tecnologie CDR saranno capaci di “cancellare il danno”. Per questo Bruxelles deve ritirare il Carbon Removal Certification Framework (CRCF), lo schema di certificazioni per la rimozione di CO2.
Lo chiedono oltre 200 ong europee, parte della campagna Real Zero Europe, in una lettera aperta al parlamento UE pubblicata l’8 aprile. Che prende di mira uno degli ultimi atti dell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, la proposta di uno schema europeo che permette a chi lo usa, su base volontaria, di ricevere un pagamento a fronte delle rimozioni di CO2 effettivamente conseguite.
Il CRCF non copre soltanto il sequestro di CO2 dall’aria ma anche il suo stoccaggio (temporaneo) in prodotti durevoli come il legno o ottenuto attraverso il carbon farming (ad esempio, con il ripristino di zone umide). In questi ultimi casi, la certificazione viene erogata dietro garanzia che la CO2 non torni in atmosfera prima di (appena) 5 anni. Il 10 aprile l’Europarlamento voterà la proposta di CRCF, il 1° strumento al mondo di questo tipo.
“Questo mercoledì avrete la possibilità di respingere il CRCF, e quindi rifiutarvi di sostenere l’errore secondo cui le emissioni possono essere “compensate” da progetti che pretendono di rimuovere il carbonio dall’atmosfera. Ciò garantirebbe che le politiche dell’UE si concentrino sui tagli reali delle emissioni piuttosto che sul greenwashing”, scrivono le 200 associazioni.
Cosa non quadra nelle certificazioni rimozione CO2 dell’UE?
I potenziali problemi con le certificazioni per la rimozione di CO2 sollevati nella lettera sono molti. La maturità tecnologica prima di tutto: “anche se la CDR su larga scala dovesse funzionare in futuro, non farebbe nulla per fermare il superamento delle temperature prima di allora, minacciando la biodiversità e violando il diritto internazionale”, sostengono le ong. E le esperienze recenti non sono rassicuranti, visto che si sono verificati casi di accaparramento delle terre, “come in Scozia”, e di violazioni dei diritti umani. Senza dimenticare che non c’è abbastanza terra, già oggi, per ospitare tutte le rimozioni di CO2 land-based che sono state proposte finora. Anche altre proposte tecnologiche, come la cattura diretta della CO2 dall’aria e la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) non sono una “soluzione miracolosa”: “sono costose e ad alta intensità energetica”.