La Cina ha una pipeline di centrali a carbone di 366 GW, il 68% di quella globale
(Rinnovabili.it) – Nel 2022, la capacità installata di centrali a carbone nel mondo è cresciuta dell’1%. A inaugurare nuovi impianti sono stati 14 stati, mentre 8 paesi hanno annunciato nuovi progetti in futuro. Cina, India, Indonesia, Turchia e Zimbabwe ricadono in entrambi i gruppi. Su cui domina la Cina: a Pechino si deve il 92% dei nuovi progetti annunciati e il 60% degli impianti entrati in funzione. Lo riporta il monitoraggio annuale di Global Energy Monitor.
Il peso della Cina sulle nuove centrali a carbone nel mondo
Ed è proprio la Cina, da sola, ad aver riportato verso l’alto la curva delle centrali a carbone nel mondo. Nonostante gli shock dei prezzi energetici e la crisi del gas, l’anno scorso sono stati chiusi impianti per 26 GW, mentre per altri 25 GW è stata annunciata la deadline del 2030. Chiusure che hanno dominato anche il solo gruppo dei paesi in via di sviluppo, con 23 GW in meno. Ma la capacità aggiuntiva pianificata dalla sola Cina è arrivata a 126 GW, annullando tutti i progressi nel resto del mondo.
Non è una novità ma una tendenza che prosegue dal 2021, quando Pechino ha sorpassato il resto del mondo per capacità di carbone in pipeline. Sommando tutte le centrali in costruzione e in pre-costruzione, nel 2022 Pechino arriva a 366 GW (il 68% del totale) mentre tutto il resto del mondo si ferma a 172 GW (32%). Solo nell’ultimo anno, la quota cinese è salita del 32% mentre quella del resto del mondo è scesa di 22 punti percentuali.
Dobbiamo correre 4,5 volte più veloci
Al netto del boom cinese, i ritiri di centrali a carbone viaggiano troppo lenti per rispettare gli obiettivi climatici. Per rispettare la soglia di 1,5°C e ultimare il phase out entro il 2040, sarebbe necessario spegnere 117 GW di carbone l’anno: 4,5 volte più di quanto facciamo attualmente. Nel dettaglio, i paesi Ocse dovrebbero cancellare 60 GW l’anno fino al 2030 e gli altri paesi dovrebbero spegnerne 91 GW per rimettersi sulla traiettoria del phase out entro il 2040.
“Più nuovi progetti entrano in funzione, più i tagli e gli impegni dovranno essere consistenti in futuro. A questo ritmo, la transizione dal carbone esistente e da quello nuovo non avverrà abbastanza velocemente per evitare il caos climatico”, commenta Flora Champenois, autrice principale del rapporto.