Il dl sulle infrastrutture approvato in CdM il 21 giugno istituisce un organismo collegiale ad hoc per gestire lo sviluppo della capacità di stoccaggio della CO2 sequestrata nei depositi geologici, previsto dal nuovo PNIEC. Cinque i membri, rappresentati MASE, ISPRA e Conferenza Unificata, più una segreteria tecnica allargata a Università e Ricerca, Interno, Istituto Superiore di Sanità e Comitato Centrale per la sicurezza tecnica della transizione energetica e per la gestione dei rischi connessi ai cambiamenti climatici
Darà supporto tecnico-scientifico per la cattura e stoccaggio geologico di CO2 nei depositi nazionali
Un nuovo organismo ad hoc per la CCS in Italia. Tra le pieghe del decreto legge sulle infrastrutture approvato il 21 giugno in Consiglio dei Ministri c’è anche un provvedimento che ridefinisce l’assetto di governance dell’autorità nazionale competente in materia di cattura e stoccaggio geologico della CO2. Il “Comitato CCS” sarà impiantato presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per fornire supporto tecnico-scientifico allo sviluppo di questa tecnologia e alle opere collegate.
L’Italia accelera sulla cattura e stoccaggio geologico della CO2
Un passo necessario per centrare gli obiettivi fissati dal governo nel nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC), e supportato da analoghi sviluppi a livello europeo. Lo scorso 6 febbraio, la Commissione ha infatti presentato la Strategia sulla gestione del carbonio industriale (Industrial Carbon management Strategy) integrandola con i target climatici al 2040. Il piano di Bruxelles prevede di sviluppare una capacità CCS, a livello comunitario, di 50 milioni di tonnellate l’anno (Mtpa) entro il 2030, che saliranno a 280 Mtpa nel 2040 e 450 Mtpa entro metà secolo, da sviluppare puntando su progetti transfrontalieri e un futuro mercato unico della CO2.
Analogamente, la revisione del PNIEC presentata lo scorso luglio dal governo Meloni ha inserito la CCS nel piano, del tutto assente nella versione del 2019. L’esecutivo non ha fissato un target preciso al 2030, limitandosi a citare la stima di 20-40 milioni di tonnellate di CO2 l’anno che potrebbero essere tagliate grazie al ricorso alla CCS, contenuto nella Strategia Italiana di Lungo Termine sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 2021.
Il Comitato CCS dovrà rendere operativa la cattura e stoccaggio geologico della CO2 in Italia. Che, con il nuovo PNIEC, ha degli indirizzi prioritari: giacimenti esauriti o in via di esaurimento di idrocarburi offshore in Adriatico (capacità stimata di circa 500 MtCO2) e aquiferi salini (capacità di stoccaggio superiore alle 2GtCO2).
Come funzionerà il Comitato CCS
A questo scopo, il Comitato CCS riunirà diverse competenze in un organo collegiale composto da cinque membri, appartenenti a MASE, ISPRA e Conferenza Unificata. È prevista una segreteria tecnica con rappresentanti del MASE, dell’Università e Ricerca, dell’Interno, oltre che della Conferenza Unificata, dell’Istituto Superiore di Sanità, di ISPRA e del Comitato Centrale per la sicurezza tecnica della transizione energetica e per la gestione dei rischi connessi ai cambiamenti climatici. “In via transitoria”, specifica il MASE, sarà il Comitato ETS, integrato di tre componenti, a svolgere le funzioni del nuovo organismo, garantendo così la necessaria continuità delle procedure autorizzative in corso.
“L’istituzione del nuovo Comitato – spiega il titolare del MASE, Gilberto Pichetto – ci consentirà di far fronte alle crescenti iniziative in materia, aggiungendo un ulteriore elemento di garanzia tecnico-scientifica allo sviluppo di questa ambiziosa tecnologia, che potrà aiutarci a raggiungere gli obiettivi del PNIEC”.