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Casa Capriata, ecorifugio doc

Casa Capriata, ecorifugio doc

 

 

(Rinnovabili.it) – Due anni fa apriva i battenti il primo rifugio italiano completamente passivo ed ecosostenibile, ispirato alla Casa Capriata, il prototipo che l’architetto Carlo Mollino, personalità complessa e sfaccettata del panorama architettonico del secolo scorso, presentava alla X Triennale di Milano nel 1954.

Un’equipe di ingegneri e architetti del Politecnico di Torino, guidata dal Prof. Guido Callegari trasforma la visione di un architetto in un edificio vero: “Casa Capriata“, il disegno avveniristico di una baita ideale, basata sulle tradizionali case in legno dell’architettura Walser e concepita come il manifesto di un utilizzo innovativo di materiali e tecnologie, rinasce a Gressoney St. Jean (AO) nel 2014.

Il risultato è a dir poco sorprendente. Un prototipo degli anni ’50, già intriso di quelli che diventeranno i princìpi della bio-architettura, diventa un edificio energeticamente impeccabile con un consumo minore di 10 Kwh/mq.

Un’architettura sognante e aerea, sollevata dal suolo e protesa verso il cielo nella tipica conformazione a triangolo, fa capolino tra le vette appuntite, strizzando l’occhio alle casette Walser di cui ricalca le forme. In una piccola baita destinata a sciatori e alpinisti la consapevolezza del passato e la tensione verso il futuro si fondono in unico segno dove i pesanti ancoraggi alle rocce sottostanti, le capriate e le strutture lignee, retaggio dell’architettura tradizionale montana, convivono con la leggerezza della copertura metallica, i pannelli fotovoltaici e i materiali di ultima generazione che rendono l’edificio un piccolo gioiello ecosostenibile a zero emissioni.

 

Tutti i componenti, architettonici e tecnologici, contribuiscono al funzionamento di una macchina perfetta, completamente autosufficiente e realizzata in materiali riciclabili: strutture e involucro in legno termo-trattato, infissi a taglio termico e copertura metallica con pannelli fotovoltaici integrati, in grado di assicurare la produzione di energia anche in condizioni climatiche avverse. Sistemi scaldanti a basso consumo, coadiuvati da un impianto di ventilazione meccanica e da pannelli radianti inseriti negli elementi di arredo, assicurano il benessere termico. Infine l’acqua, risorsa preziosissima e difficilmente trasportabile in alta quota, una volta auto-prodotta riutilizzando l’acqua piovana e trattando biologicamente le acque reflue, viene scaldata con pannelli solari installati sul tetto.

Il nuovo Rifugio Mollino, presentato come un prototipo alla X triennale di Milano, continua a vivere ancora oggi come un modello, facendosi manifesto alpino della possibilità (e volontà) di costruire in modo energeticamente autosufficiente.

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