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Caro-energia, Cingolani: 10 mld per contrastarlo. Ma spunta il gas

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Lotta al caro-energia, tra misure nazionali e interventi europei

(Rinnovabili.it) – Il Ministero della transizione ecologica ha consegnato al Presidente del Consiglio il lungo lavoro di analisi sul caro-energia. E oggi sta ragionando su una serie di proposte con cui ridurre di 10 miliardi di euro le bollette degli italiani. Lo ha ricordato lo stesso ministro, Roberto Cingolani, audito ieri dalle Commissioni 10° e X del Parlamento. L’incontro è stato l’occasione per aggiornare Camera e Senato sulla linea d’azione governativa contro crisi energetica. 

Le attuali tensioni geopolitiche hanno reso le previsioni europee (e non solo) sul tema più caute ed incerte e sembra ormai certo che la stabilizzazione dei prezzi del gas non arriverà a breve. Una situazione complessa che secondo il numero uno del MiTE, ha bisogno “di azioni a medio lungo termine”. Alcune possiamo farle noi, altre necessitano una concertazione a livello europeo”. E se a livello comunitario l’Italia sembra schierarsi con la Francia ipotizzando una revisione delle regole del mercato elettrico, sul fronte nazionale studio alcuni interventi mirati per proteggere i consumatori dal caro-energia.

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Le misure del Governo contro il caro-bollette

L’accelerazione delle installazioni verdi e la programmazione degli incentivi costituiscono “la strada maestra” su cui muoversi. Ma il Dicastero ha anche elaborato un piano in 10 mosse (tutte da verificare) con cui alleggerire le bollette di famiglie ed imprese. “Stiamo riflettendo sugli interventi sull’Iva. Le operazioni di defiscalizzazione sono importanti”, ha spiegato Cingolani, proponendo anche una possibile cartolarizzazione degli oneri ASOS. “Nella attuale fase di aumento della componente dell’energia sarebbe possibile una misura di indebitamento per spostare una parte degli oneri a 5-10 anni, quando l’ammontare complessivo si ridurrà”. Come? Diverse le misure al vaglio assieme al Ministero delle Finanze, dall’indebitamento diretto con il GSE alle obbligazioni di Stato; con l’obiettivo di abbassare ora gli oneri di circa 3 miliardi di euro.

Una seconda misura in fase di studio è l’utilizzo dei proventi delle aste di CO2 per la copertura degli oneri di sistema. “Qui si parla di un risparmio di circa un miliardo e mezzo complessivo, ma i numeri (definitivi) non li sapremo fino all’ultimo minuto perché il prezzo della CO2 è in continua evoluzione”.

Gli interventi del Mite colpiscono direttamente il settore delle green energy. Tra le proposte, Cingolani ha citato una possibile estrazione di rendita degli impianti fotovoltaici con incentivo fisso (ossia in Conto Energia). Il MiTE sta ragionando su due ipotesi: rivedere i contratti di incentivazione, ancorandoli a prezzi dell’energia anticrisi, con eventuale allungamento del periodo di diritto; oppure prevedere che i soggetti che percepiscono gli incentivi in Conto Energia vendano l’energia al GSE scegliendo tra pacchetti di ritiro a lungo termine (2,5,10 anni) a prezzi fissi, trasformando il meccanismo di ritiro dedicato da “pronti” a “termine”. Il Ministero stima da questo intervento un possibile risparmio di un miliardo e mezzo di euro .

Altra ipotesi: l’estrazione di rendita dai grandi impianti idroelettrici non incentivati che operano sul mercato spot “e stanno ottenendo rendite abbastanza elevate senza sostenere maggiori costi”. Un intervento in questo campo potrebbe generare un risparmio sulle bollette, spiega Cingolani di 1-2 miliardi l’anno.

E ancora: il rafforzamento degli strumenti di negoziazione a lungo termine dell’energia rinnovabile attraverso la realizzazione di una piattaforma dedicata ai PPA. Un intervento di facilitazione a questo livello potrebbe fornire un contributo fino a 1,5 miliardi all’anno sulla riduzione delle bollette, spiega Cingolani.

E se da un lato colpisce il settore delle rinnovabili, dall’altro spunta il contributo del fossile. L’ipotesi al vaglio, già anticipata nelle scorse settimane, è la valorizzazione della produzione di gas da giacimenti nazionali esistenti. Con l’obiettivo di diminuirne l’importazione senza aumentarne l’utilizzo. Secondo il ministro raddoppiando la piccola aliquota di gas italiano (dagli attuali 4 miliardi di m3 a 8 miliardi di m3), il Bel Paese “salverebbe l’IVA, mentre trasporto e stoccaggio costerebbero di meno. Ma soprattutto con delle operazioni concordate […] si potrebbe prendere un’aliquota di questo gas territorialmente estratto e fare degli accordi a prezzi controllati” per periodi di uno, due anni.

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