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L’Indonesia nasconde il carbone dietro il CCS

Investimenti nel carbone: all’estero, la Cina rallenta
Foto di mommyandlove da Pixabay

Il paese asiatico è il 2° produttore mondiale di carbone

(Rinnovabili.it) – Spazio al carbone fino a oltre il 2050. Altro che riduzione graduale della fonte fossile più inquinante dal proprio mix, fino a tagliarla fuori del tutto. È la strategia di lungo termine dell’Indonesia appena presentata all’UNFCCC, la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il paese asiatico è membro del G20 ed è anche il secondo produttore mondiale di carbone.

Il governo di Jakarta delinea 3 scenari possibili, ma anche in quello più ambizioso, che chiama “low-carbon”, il carbone continua ad ha davvero un posto di tutto rilievo nel mix elettrico anche nella seconda metà del secolo. La quota nel consumo di energie primarie, infatti, continuerà a crescere almeno fino al 2050.

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In questo scenario, la composizione del mix elettrico vedrebbe il carbone al secondo posto con il 38%, superato dalla quota delle rinnovabili che si attesterebbe al 43%. La parte restante è quasi equamente diviso fra gas metano (10%) e biocombustibili (8%). Per l’indonesia, si tratta comunque di uno scenario a basse emissioni: secondo la strategia, infatti, entro metà secolo tre centrali a carbone su quattro sarebbero attrezzate con tecnologia CCS per la cattura e lo stoccaggio della CO2.

Una strada che Jakarta intende percorrere nonostante possa essere anti-economica. Secondo recenti analisi dell’Iea, produrre energia elettrica da fonti rinnovabili oggi costa meno che produrla tramite carbone con l’impiego di CCS. Negli anni scorsi, alcune analisi avevano fatto emergere che il moltiplicarsi di inquinanti centrali termoelettriche nel paese era possibile principalmente grazie a forti prestiti dall’estero.

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La strategia di lungo termine dell’Indonesia fa apparire ancora più in salita la strada verso il phase out del carbone. Il tema è stato al centro dell’ultimo incontro del G20 a Napoli, dove le reticenze di alcuni paesi hanno fatto saltare l’accordo su questo punto. Se non arriva con il vertice principale a ottobre, con i capi di Stato e di governo, difficile che arrivi nel 2022. Quando la presidenza del G20 spetterà proprio all’Indonesia (e negli anni successivi a India e Brasile, anch’essi più inclini a frenare che ad accelerare sulle politiche climatiche). E anche in vista della COP26 di novembre la presidenza UK sta trovando difficile costruire una convergenza su questo punto.

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