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Il carbone dell’India non fa più gola agli investitori

Asta a vuoto per più di un terzo delle miniere messe sul mercato. E per 20 siti su 38 è arrivata soltanto un’offerta.

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Credits: Gerd Altmann da Pixabay

Nonostante gli incentivi, l’asta sul carbone indiano non va secondo i piani di Modi

(Rinnovabili.it) – Il governo indiano non ha ricevuto offerte sufficienti per coprire tutte le miniere di carbone e i blocchi che aveva messo all’asta di recente. Su 38 siti messi sul mercato, solo 23 sono stati adocchiati dagli investitori. Più di 1/3 del totale (15 siti) non ha invece ottenuto alcuna offerta per lo sfruttamento. E per 20 è arrivata una sola offerta.

Un’asta ben al di sotto delle aspettative per il governo di Narendra Modi. Che sperava di riuscire a rivitalizzare un settore ancora importante per l’economia aprendo le miniere anche agli investitori privati. Fino ad ora, infatti, il settore era appannaggio della più grande compagnia di stato, la Coal India Ldt, e di un’altra azienda pubblica minore.

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Il quadro è ancora peggiore se si considera che gli investitori si sono tenuti alla larga dal carbone indiano  nonostante Modi avesse cercato di rendere l’affare più appetitoso, prevedendo una serie di incentivi finanziari per chi avesse rilevato i siti e comprato i permessi di estrazione.

Un piano che era stato annunciato lo scorso giugno, in piena pandemia, con obiettivi precisi. Primo, garantire al paese sicurezza energetica ed economica, preparandosi così al rimbalzo una volta passata l’onda del covid-19. E secondo, utilizzare gli introiti aggiuntivi derivanti dalla cessione dei diritti sulle miniere di carbone per finanziare con risorse aggiuntive i regimi di welfare pubblico nelle regioni interessate dai siti.

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Non erano peraltro mancate le proteste e le critiche, visto che molte delle future miniere sono localizzate in zone fragili dal punto di vista ambientale o in aree forestali ricche di biodiversità nella parte centrale del paese. O ancora, addirittura, coperte da protezione ambientale.

Ma il dato più rilevante, a ben vedere, emerge da considerazioni prettamente economiche. I mercati non hanno giudicato conveniente investire nel carbone indiano, nonostante il paese sia il secondo al mondo per consumo di questa fonte di energia e sia una delle economie a maggior tasso di crescita con una platea di beneficiari di oltre 1,4 miliardi di persone.  Il mix energetico indiano si appoggia ancora per più del 60% sul carbone (era il 72,4% all’inizio della pandemia). Dati che spiegano bene perché il governo Modi è sempre stato riluttante a prendere impegni più seri per contrastare la crisi climatica dicendo stop al carbone.