Oggi al parlamento europeo si discute il rapporto con la proposta dell’aula preparato dall’eurodeputato francese Jadot dei Verdi. Domani il voto
Allo scopo saranno destinati tra i 5 e i 14 mld di euro raccolti con la carbon border tax
(Rinnovabili.it) – La carbon border tax dell’Unione Europea “non è una misura protezionista”. Anzi, è del tutto in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Infatti una somma che oscilla tra i 5 e i 14 miliardi di euro, raccolta con il nuovo meccanismo di tassazione alla frontiera UE, sarà destinato a finanziare tecnologie low-carbon nei paesi più vulnerabili.
Lo ha affermato, ripreso da Euractiv, l’eurodeputato dei Verdi Yannick Jadot, incaricato di presentare oggi il report preparato dal parlamento europeo sul carbon boder adjustment mechanism (CBAM), nome tecnico con cui la carbon border tax figura sui documenti ufficiali di Bruxelles.
Leggi anche Quali saranno gli impatti sull’ETS UE della carbon border tax?
La priorità per l’UE è riuscire a disegnare un meccanismo che non venga bocciato dal Wto. La proposta presente nel rapporto dell’europarlamento è in linea con i suggerimenti che erano arrivati proprio dal Wto qualche mese fa. Si puntava sul recycling, ovvero sul vincolare una parte dei proventi per misure di supporto ad altre politiche UE e ad altri paesi.
L’importante è che non vadano a intaccare i meccanismi di competizione sui mercati, spiegavano dal Wto. Una eventualità che si concretizzerebbe se questi fondi della carbon border tax venissero destinati a settori o comparti specifici. L’indicazione di policy, quindi, dovrebbe prevedere come loro destinazione un generico ‘politiche climatiche e ambientali’.
Leggi anche L’UE accelera sulla carbon border tax: “essenziale” se la COP26 fallisce
Nel documento si legge anche che “al fine di prevenire possibili distorsioni nel mercato interno e lungo la catena del valore, il CBAM dovrebbe coprire tutte le importazioni di prodotti e merci coperti dall’EU ETS, anche se incorporati in prodotti intermedi o finali”. Già entro il 2023 e in seguito a una valutazione d’impatto, il meccanismo “dovrebbe coprire il settore energetico e i settori industriali ad alta intensità energetica come cemento, acciaio, alluminio, raffineria di petrolio, carta, vetro, prodotti chimici e fertilizzanti”. Settori pesantemente sovvenzionati e che rappresentano ancora il 94% delle emissioni industriali dell’UE.