Rinnovabili • Carbon border tax Rinnovabili • Carbon border tax

Quali saranno gli impatti sull’ETS UE della carbon border tax?

Un rapporto dell’European Roundtable on Climate Change and Sustainable Transition mette in luce le possibili disfunzioni del mercato europeo delle emissioni dopo che la tassa sarà introdotta.

Sulla carbon border tax, l’UE deve compiere una scelta

(Rinnovabili.it) – La carbon border tax è uno dei pilastri del Green Deal europeo. E’ stata citata più volte dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen durante il discorso sullo Stato dell’Unione lo scorso 16 settembre, dove ha spiegato le ragioni e gli obiettivi della politica climatica del continente. Ma la sua fisionomia è ancora in discussione. Fino al 28 ottobre è aperta una consultazione pubblica, dopodiché l’UE dovrà trovare la quadra e formulare una proposta dettagliata.

Ma le variabili sono diverse e l’aspetto della carbon border tax può cambiare, e anche di molto. Così come possono cambiare in modo consistente i suoi impatti sul mercato europeo del carbonio, l’ETS. Secondo stime della stessa UE, il valore della misura potrà variare dai 5 ai 14 miliardi di euro l’anno. Soldi che finiranno subito nel Recovery Fund. In un rapporto pubblicato il 30 settembre, European Roundtable on Climate Change and Sustainable Transition (ERCST) ha cercato di fare il punto della situazione.

Leggi anche UE: inizia la consultazione sulla border carbon tax

L’ERCST evidenzia il punto più importante: la differenza la farà la scelta tra due opzioni al momento allo studio. La prima è l’imposizione di una tassa sulle importazioni alla frontiera per quei prodotti dei settori considerati a rischio di ‘carbon leakage’, ossia il trasferimento della attività più inquinanti fuori dall’UE. La tassa disincentiverebbe queste fughe all’estero rendendo più conveniente adeguare gli impianti alle normative comunitarie e soprattutto agli obiettivi climatici. La seconda opzione, invece, consiste nell’estensione dell’ETS anche alle importazioni: in pratica, i produttori stranieri sarebbero obbligati a comprare delle quote dello schema di scambio emissioni del continente per poter vendere i loro prodotti sul mercato UE.

Leggi anche ETS: nel 2019, l’UE registra un calo delle emissioni dell’8,7%

Ma questo sconvolgerebbe le dinamiche già precarie dell’ETS. In particolare la Market stability reserve (Msr), la riserva stabilizzatrice del mercato del carbonio disegnata per assorbire le quote in eccesso e garantire che i prezzi restino alti. Con il rischio che l’ETS torni di  nuovo a non funzionare a dovere, facendo così mancare un supporto necessario per la transizione energetica e le ambizioni del Green Deal. Infatti, questa soluzione richiederebbe di rivedere anche i parametri del mercato del carbonio e della riserva stabilizzatrice. Ma il timore, spiega l’ERCST, è che se gli aggiustamenti non vengono studiati in parallelo con la definizione della carbon border tax si porranno le basi per periodiche disfunzioni del mercato, con possibili crolli dei prezzi delle quote di carbonio.