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Anche gli Stati Uniti pensano alla carbon border tax

L’annuncio di John Kerry apre uno spiraglio sulla collaborazione con l’Europa sul tema del Carbon Adjustment Border Mechanism allo studio a Bruxelles. E farà innervosire la Cina, risolutamente contraria all’introduzione di una misura simile

Carbon border tax: dopo Bruxelles, l’idea seduce anche Biden
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L’annuncio di Kerry sulla carbon border tax a margine del Leaders Summit on Climate

(Rinnovabili.it) – Nel dibattito sull’azione climatica dell’ultimo anno, la carbon border tax è stato il proverbiale elefante nella stanza. La diplomazia si è concentrata su altri temi, a partire dalla riduzione delle emissioni di gas serra e dall’accelerazione della transizione energetica. E tuttavia, qualsiasi collaborazione sull’idrogeno verde e sulle tecnologie per la decarbonizzazione – invocate dal presidente americano Biden durante il Leaders Summit on Climate della settimana scorsa – può incrinarsi se viene introdotta una serie di dazi sulle importazioni legati alle politiche climatiche del paese produttore.

Il tema ritorna al centro della scena – e con prepotenza – con l’annuncio che anche gli Stati Uniti stanno considerando di introdurre la carbon border tax. Lo ha fatto sapere l’inviato per il clima John Kerry in un’intervista a Bloomberg a margine del Leaders Summit on Climate il 23 aprile. “Il presidente Biden, lo so, è particolarmente interessato a valutare il meccanismo di aggiustamento alle frontiere”, ha detto Kerry in un’intervista a Bloomberg Television. “Vuole esaminarlo e vedere se è qualcosa che dobbiamo implementare”.

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Si tratta di un’apertura tutto sommato inaspettata. L’amministrazione Biden non ha mai fatto mistero di vedere di mal’occhio l’idea dell’Unione Europea di introdurre una sua carbon border tax. E l’ha sempre dipinta come una misura protezionista che crea più danni – guerre commerciali – che benefici – stimolare l’azione climatica degli altri paesi.

“L’Europa sta già esaminando questo aspetto in profondità e finiranno per implementarlo se non ottengono soddisfazione dalla Cina e da altri paesi per quanto riguarda la transizione dal carbone”, ha aggiunto Kerry. In effetti Bruxelles è stata piuttosto chiara su questo punto. Se la Cop26 non farà abbastanza progressi, introdurre una carbon border tax sarà necessario, aveva detto il vice presidente con delega al clima Frans Timmermans.

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L’UE è impegnata in un braccio di ferro con la Cina su questo punto. La tassa non piace a Pechino, che non ha alcuna intenzione di farsi dettare l’agenda della transizione ecologica dal vecchio continente e, tantomeno, vuole vedersi penalizzata nel commercio. Ancora la settimana scorsa il presidente Xi Jinping aveva lanciato strali contro l’introduzione dei dazi in un incontro sul clima con Francia e Germania.

L’apertura americana va letta su questo sfondo. Da un lato resta aperta la possibilità di coordinare questa politica con l’Europa. Un passo che metterebbe al riparo gli USA dagli svantaggi commerciali (le politiche europee sul clima sono più ambiziose, anche rispetto ai nuovi annunci di Biden). E dall’altro lato si affaccia la possibilità di fare fronte comune contro la Cina. Vista dalla Casa Bianca, è una situazione che vale la pena esplorare. Se non altro, almeno per vedere quale sarà la prossima mossa di Pechino se messa alle strette.