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Cina: dall’UE l’ultimo avvertimento sulla carbon border tax

Obiettivi climatici chiari e impegni concreti, altrimenti via libera ai dazi. Bruxelles prova a mettere spalle al muro Pechino mentre l’accordo commerciale bilaterale è in dirittura di arrivo.

La carbon border tax complica i negoziati UE-Cina

(Rinnovabili.it) – Pechino temporeggia e Bruxelles rinnova le minacce. Se la Cina non adotterà obiettivi climatici più stringenti, l’Europa è pronta a mettere sanzioni. La Commissione von der Leyen torna a sventolare lo spettro della carbon border tax mentre i negoziati sull’accordo bilaterale sul commercio stanno per entrare nell’ultimo miglio, dopo l’ok del Consiglio arrivato a luglio.

Nel weekend, l’UE ha chiarito la sua posizione e ha gettato la palla nel campo di Pechino. La seconda economia mondiale deve impegnarsi a raggiungere la neutralità climatica entro il 2060. Altrimenti Bruxelles non potrà fare a meno di introdurre dei dazi alla frontiera sui prodotti in arrivo dalla Cina. Che sarebbero svantaggiati rispetto alla concorrenza europea.  Ma non è tutto. L’UE si vuole spingere oltre, chiedendo a Pechino di anticipare il picco di emissioni. Adesso il governo cinese lo ha previsto per il 2030, Bruxelles spinge per il 2025 al più tardi.

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Non è la prima volta che i diplomatici europei sbandierano la possibilità di introdurre una tassa di frontiera sul carbonio. Lo aveva chiarito già nel dicembre scorso Frans Timmermans, vicepresidente dell’Esecutivo europeo, nonché commissario per il Green New Deal: servono impegni concreti e non soltanto parole soprattutto da parte di grandi inquinatori come USA e Cina, altrimenti l’UE sarà obbligata a introdurre una carbon border tax per difendere industria, commercio e società europei da una concorrenza sleale e inquinante.

L’UE si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In linea con quanto deciso con l’accordo di Parigi, quindi, nei prossimi anni le imprese dei paesi europei dovranno fronteggiare condizioni più restrittive sulle emissioni. Senza vincoli analoghi, le aziende straniere sarebbero evidentemente avvantaggiate.

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La strada per chiudere l’accordo commerciale sembra in salita per la Cina, che aveva definito il 2020 “anno dell’Europa” sperando di poter contare su qualche progresso nei rapporti col vecchio continente per bilanciare gli effetti della guerra dei dazi in corso con gli Stati Uniti. Ma da Bruxelles sono molto attenti a modulare il messaggio spedito alla controparte. Sì, sono stati indicati obiettivi precisi. Ma non devono essere considerate delle vere e proprie linee rosse. Insomma, l’UE fa capire che si può discutere, che c’è flessibilità. A patto che il risultato non siano soltanto chiacchiere ma impegni concreti. Più facili da ottenere agitando lo spettro della carbon border tax.