L’ultima volta che è stato osservato un buco dell’ozono artico così profondo è stato durante la primavera boreale di 9 anni fa.
(Rinnovabili.it) – Si torna a parlare di buco dell’ozono nei cieli artici. A puntare i riflettori sul Polo è oggi il Servizio di monitoraggio atmosferico Compernicus (CAMS) del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio. Gli scienziati del CAMS stanno registrando, infatti, un’insolita attività nello strato di ozono dell’Artico, i cui valori sono preoccupantemente bassi. Addirittura più bassi di quelli registrati durante la primavera del 2011, quando le immagini satellitari avevano registrato una riduzione del 40%.
Per capire il fenomeno e l’interesse dietro questo anomalo buco dell’ozono, tuttavia, è necessario qualche chiarimento.
L’ozono è un componente atmosferico concentrato prevalentemente tra 15 e 30 km di altezza, essenziale per l’assorbimento dei raggi ultravioletti. Un dei ruoli più importanti che svolge è, infatti, quello di proteggere gli organismi viventi dalla radiazione UV. La sua concentrazione tuttavia non è statica ma dipende da diverse reazioni chimiche e dal trasporto di masse d’aria ricche di questo gas dalle regioni tropicali alle medie latitudini e alle zone polari.
Ed è in quest’ultime che si formano i “buchi”.
Come si forma il buco dell’ozono?
In Artide e Antartide le particolari caratteristiche climatiche favoriscono la formazione durante l’inverno di giganti “vortici polari”. Dentro questi vortici possono accumularsi sostanze contenenti cloro e bromo in grado di causare una riduzione significativa dell’ozono atmosferico. Durante i mesi bui e freddi, queste sostanze rimangono inattive, ma con l’aumento della temperatura e con i raggi solari, tornano “libere”. E distruggono rapidamente le molecole di ozono, causando la formazione del buco.
Esiste però una grande differenza tra Antartide e Artide. Se nel primo caso il vortice è molto stabile e la deplezione è molto ampia, nel secondo si ha una stabilità molto minore e una probabilità più bassa di assistere una perdita.
In altre parole, nell’atmosfera antartica il buco dell’ozono si forma ogni anno durante la primavera australe; al contrario, l’ultima volta che è stato osservato un esaurimento di ozono chimico altrettanto forte nell’Artico è stato durante la primavera boreale di 9 anni fa.
“Nel 2011 il vortice polare in Artico è stato così forte e stabile da creare i presupposti per un’apprezzabile riduzione dell’ozono”, spiega il CNR. “Le immagini satellitari indicano come, a partire dai tipici 400 DU, i valori di concentrazione totale nel mese di marzo siano calati sino a un livello di circa 280 DU, ovvero oltre il 40% in meno”.
Buco dell’ozono 2020, cosa sta succedendo?
Le nuove misurazioni satellitari combinate con i modelli computerizzati dell’atmosfera mostrano che quest’anno le colonne di ozono su gran parte dell’Artico hanno raggiunto valori bassi mai registrati prima. Gli scienziati di CAMS prevedono addirittura che la deplezione 2020 sarà maggiore di quella di 9 anni fa.
“Le nostre previsioni suggeriscono che le temperature hanno ora iniziato ad aumentare nel vortice polare”, commenta Vincent-Henri Peuch, Director of the Copernicus Atmosphere Monitoring Service. “Questo significa che l’esaurimento dell’ozono rallenterà e alla fine si fermerà, poiché l’aria polare si mescolerà con l’aria ricca di ozono dalle latitudini più basse“. Il CAMS continuerà a monitorare l’evoluzione del buco dell’ozono artico nelle prossime settimane. “È molto – spiegano gli scienziati – importante mantenere gli sforzi internazionali per monitorare gli eventi annuali di buco dell’ozono e lo strato di ozono nel tempo”.