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Bruxelles bacchetta l’Italia, si riaccende lo scontro sulla procedura spiagge

La commissione Ue lancia nuovi avvisi di infrazione al nostro Paese. Nelle ultime 24 ore anche quelle sull’energia e il clima legata all’efficienza degli edifici e quella sull’inquinamento delle acque da nitrati, oltre che per i contratti a tempo determinato nel settore pubblico

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Image by Evgeni Tcherkasski from Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – L’Europa torna a bacchettare l’Italia. Tra le procedure d’infrazione che sono piovute sulla testa del nostro Paese nelle ultime 24 ore ci sono quella sulle spiagge, sull’energia e il clima legata all’efficienza degli edifici, e quella sull’inquinamento delle acque da nitrati. E non è tutto perché la commissione procede contro l’Italia anche per l’abuso dei contratti a tempo determinato nel settore pubblico, e anche sulla sicurezza delle gallerie, la chiusura del mercato dei telepedaggi.

Quella delle spiagge è una storia che in effetti si riaccende, facendo ritornare in alto lo scontro tra Bruxelles e Roma sulle concessioni balneari. Si tratta di una vicenda che dal 2009 vede l’Italia difendere il sistema del rinnovo automatico e la Ue quello delle gare aperte a tutti i concorrenti europei. Per convincere l’Italia ad applicare la direttiva Bolkenstein anche alle spiagge, Bruxelles aveva già aperto una procedura d’infrazione, portando il Governo davanti alla Corte Ue che nel 2016 bocciò le norme italiane. Ma dopo quattro anni niente è cambiato. Anzi, la commissione Ue ha fatto partire una seconda procedura.

Secondo Bruxelles gli Stati devono garantire che le autorizzazioni a sfruttare le spiagge, che sono un bene scarso, “siano rilasciate per un periodo limitato e con procedura di selezione aperta, pubblica e trasparente”, per “fornire a tutti i prestatori di servizi la possibilità di competere”, promuovendo innovazione e concorrenza a vantaggio di consumatori e imprese. E proprio in un momento delicato come questo, le norme italiane invece ‘scoraggiano’ gli investimenti in un settore fondamentale per l’economi, causando “una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane”. E allora l’Ue non può fare a meno di evidenziare che l’Italia non solo non ha attuato la sentenza della Corte del 2016 ma “da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni fino al 2033, e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione”. 

Quanto all’efficienza energetica, la commissione Ue ha inviato una lettera di messa in mora – il primo passo della procedura d’infrazione – all’Italia e a altri 13 Paesi Ue per non aver presentato la strategia per la ristrutturazione degli edifici per la promozione dell’efficienza energetica. I termini legali per la presentazione dei piani nazionali scadevano il 10 marzo 2020. Secondo quanto riporta la Commissione “le strategie di ristrutturazione a lungo termine sono un elemento chiave” della direttiva Ue sulla performance energetica nell’edilizia poiché definiscono il percorso politico e finanziario “per decarbonizzare il parco immobiliare esistente entro il 2050″. L’Italia e gli altri Paesi messi in mora (Belgio, Bulgaria, Croazia, Grecia, Ungheria, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Romania e Regno Unito) hanno ora due mesi per mettersi in regola.

Mentre per l’inquinamento da nitrati la commissione Europea ha inviato una seconda lettera di messa in mora, dopo quella del novembre 2018, per il mancato rispetto della direttiva per prevenire l’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola. In particolare, oltre a non aver ancora pienamente attuato le misure indicate nell’avvio della procedura d’infrazione due anni fa, l’Italia ha aggiunto due elementi ulteriori che motivano questa seconda messa in mora: ha accorciato il periodo annuale di chiusura continua durante il quale è vietato l’uso dei fertilizzanti, e non ha provveduto a rivedere alcuni programmi d’azione regionali.

La direttiva prevede che gli Stati membri instaurino un sistema di monitoraggio delle proprie acque e identifichino le aree interessate, o che possono essere interessate, dall’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole. Ogni paese deve inoltre designare le “zone vulnerabili ai nitrati” sul suo territorio, ovvero i suoli agricoli da cui la terra defluisce nelle acque contribuendo al loro inquinamento, e istituire adeguati programmi di azione in quelle aree con misure obbligatorie per gli agricoltori. Nella prima lettera di costituzione in mora del novembre 2018, la Commissione chiedeva all’Italia di garantire la stabilità della rete di monitoraggio dei nitrati, di riesaminare e designare ulteriori “zone vulnerabili” in diverse parti del Paese e di adottare misure aggiuntive o azioni rafforzate per raggiungere gli obiettivi della direttiva in diverse regioni. Anche in questo caso, la Commissione dà all’Italia due mesi di tempo per rispondere.