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L’azione climatica in costituzione, l’ultima giravolta di Macron

Il presidente francese pensa di inserire biodiversità, ambiente e lotta al cambiamento climatico nell’articolo 1 della carta fondamentale del paese. E farlo votare alla nazione via referendum

Azione climatica
credits: Pietro Piupparco via Flickr | CC BY-SA 2.0

La proposta dell’Eliseo per rilanciare l’azione climatica

(Rinnovabili.it) – Il clima in costituzione. Per assicurare che l’azione climatica della Francia non venga meno con i prossimi presidenti. Ma anche per placare i (tanti) critici che accusano l’inquilino dell’Eliseo di trascurare la lotta al cambiamento climatico e di non tener fede alle promesse fatte a inizio mandato. E’ la soluzione proposta da Emmanuel Macron stamattina, in un incontro con la Convenzione cittadina per il clima.

Il presidente francese ha spiegato a grandi linee il suo progetto. Consiste in una modifica dell’articolo 1 della carta fondamentale. Nel quale verrebbero aggiunti riferimenti alla biodiversità, all’ambiente e alla lotta contro il cambiamento climatico. Non è ancora nota quale sarà la formulazione esatta del nuovo articolo della Costituzione. In ogni caso, Macron ha spiegato che l’approvazione del nuovo testo dovrà passare da un referendum popolare. E affinché si tenga la consultazione popolare, ci deve essere il via libera di entrambe le camere.

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La decisione di Macron è più una mossa per garantirsi la sopravvivenza politica che un’azione per la tutela del clima. Il presidente si trova sotto attacco ed è forse nel punto più basso della parabola discendente iniziata con le elezioni locali di giugno. In quell’occasione, l’onda verde che era stata protagonista alle urne aveva costretto il presidente a rispolverare le sue credenziali ambientaliste. La maggioranza parlamentare – e in parte anche i margini d’azione dell’Eliseo – hanno iniziato a essere più vincolati di prima alla transizione ecologica.

Altre pietre d’inciampo hanno reso più ostico il cammino del presidente francese. L’ultima, la sentenza del Consiglio di Stato di novembre scorso, che dava al governo 3 mesi per spiegare le ragioni per cui non sta tenendo fede agli impegni sul clima presi con l’accordo di Parigi del 2015. E che può trasformarsi in indicazioni legalmente vincolanti per l’esecutivo, se quest’ultimo non produrrà argomentazioni abbastanza convincenti.

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La tempistica e l’ambientazione dell’annuncio sollevano ancora altri dubbi sulla buona fede di Macron. Sabato scorso si è tenuto il Climate Ambition Summit, l’appuntamento dell’Onu per alzare il livello di ambizione climatica globale e lanciare la volata alla COP26 di novembre 2021. La Francia ha fatto una figura abbastanza magra, visto che non ha portato nuove promesse e si è limitata a ribadire che le misure nazionali oggi in campo sono sufficienti, a partire dalla finanza climatica. Era quella un’occasione d’oro per mostrare le reali ambizioni climatiche del paese. Che Macron si è lasciato scappare, forse senza nemmeno troppi rimpianti.

L’annuncio, poi, il presidente l’ha dato davanti alla Convenzione cittadina per il clima. Un organismo creato l’anno scorso che, mentre prova a scimmiottare il Climate Change Committee inglese, assomiglia più a un’iniziativa cosmetica per blandire popolo e critici e poter dire di ascoltare i pareri di tutti in materia di ambiente e clima. L’organo, infatti, è composto da 150 cittadini scelti a sorte ed è stato creato all’indomani della stagione dei gillet jaunes, più per ricucire lo strappo tra palazzo e piazza che altro. Il CCC britannico invece è un organismo di tecnici, con decine di esperti al lavoro e una produzione scientifica di primissimo livello. E non a caso, il suo parere è alla base del piano per la ripresa verde di Londra.