Nuove stime: picco aumento popolazione globale nel 2046, nel 2100 saremo 7,3 mld
(Rinnovabili.it) – Il 15 novembre 2022, le Nazioni Unite hanno annunciato che l’umanità aveva appena superato quota 8 miliardi di persone. Dopo essere quadruplicata in appena un secolo, soprattutto grazie all’allungamento della durata di vita media, l’aumento della popolazione globale sarebbe continuato anche se a ritmi più contenuti, fino a superare i 10 miliardi e poi iniziare a declinare intorno al 2100 (ma la forchetta arriva fino a 12 miliardi). Previsioni sbagliate, sostiene un rapporto commissionato dal Club di Roma appena uscito. Una buona notizia per l’ambiente e il clima.
L’aumento della popolazione mondiale si fermerà prima del 2050
Secondo lo studio, l’aumento della popolazione globale si fermerà ben prima di quanto si pensa oggi. Le nuove stime parlano di un picco intorno a 8,6 miliardi di esseri umani prima del 2050, nel 2046 (scenario ‘Too little too late’, quello che descrive il business as usual). E se i trend attuali continueranno (il tasso di natalità è negativo da circa 50 anni), entro fine secolo sulla Terra saremo soltanto 7,3 miliardi. Date da anticipare se i governi promuoveranno politiche per aumentare livelli di educazione e salari medi (scenario ‘Giant Leap’). La bomba demografica non esiste. O meglio, non è destinata a scoppiare.
La previsione “ci fa credere che la bomba demografica non esploderà, ma dobbiamo ancora affrontare sfide significative dal punto di vista ambientale”, sottolinea Ben Calligari, primo autore dello studio realizzato dal collettivo Earth4All, composto tra gli altri da istituzioni come il Potsdam Institute for Climate Impact Research, lo Stockholm Resilience Centre e la BI Norwegian Business School. “Abbiamo bisogno di molti sforzi per affrontare l’attuale paradigma di sviluppo che prevede un consumo eccessivo e una sovrapproduzione, che sono problemi più grandi della popolazione”.
Non siamo ancora fuori pericolo
Calcolare la curva dell’aumento della popolazione globale è importante per studiare in che modo cambia la pressione antropica sul clima, sulle risorse naturali e sugli ecosistemi. Da questo fattore dipendono picchi e rapidità della decrescita della produzione industriale e della produzione di cibo. A loro volta, si tratta di indicatori chiave per comprendere quanto la transizione potrà essere ordinata e giusta, o quanto risulterà in aumenti delle diseguaglianze su scala globale o regionale.
E nonostante i numeri siano dati in calo prima e di più di quanto stimato finora, lo studio avverte che non siamo ancora fuori pericolo. “Sebbene lo scenario non si traduca in un collasso ecologico o climatico totale, la probabilità di collassi societari regionali aumenta comunque nel corso dei decenni fino al 2050, a causa dell’approfondimento delle divisioni sociali sia interne che tra le società. Il rischio è particolarmente acuto nelle economie più vulnerabili, mal governate ed ecologicamente vulnerabili”, si legge nello studio.