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Al Pnrr manca qualcosa, il legame agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu

Il rapporto dell'Asvis sul nostro Recovery plan: non c'è una valutazione complessiva dei risultati attesi in termini di sostenibilità e impatto duraturo nel tempo, oltre all'assenza degli effetti che queste politiche potranno avere sulla coesione sociale e sulla riduzione delle disuguaglianze. Anche la Legge di Bilancio 2021 deve tenerne conto ed essere coerente con quei principi. Per il ministro Cingolani è un'occasione unica che va sfruttata al meglio con il giusto equilibrio tra istanze diverse; ma la “transizione ecologia” non basta, “serve anche una transizione burocratica

Agenda 2030
Il Ministro Roberto Cingolani

di Tommaso Tetro

L’evento evento ASviS sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e la Legge di Bilancio 2021

(Rinnovabili.it) – Manca qualcosa al Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr. Ed è l’aggancio delle misure agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Questo il nodo dirimente messo in evidenza dall’ASviS (l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) nel suo nuovo rapporto, fresco di presentazione e pronto a diventare nelle intenzioni di chi lo ha messo a punto una guida per la riscrittura del nostro Recovery plan.

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Il titolo del documento non lascia spazio a dubbi, ‘Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Legge di Bilancio 2021 e lo sviluppo sostenibile’ (pdf). Intrecciare la lotta al clima con l’economia è ormai la strada obbligata da prendere. Secondo l’ASviS – che abbraccia oltre 290 organizzazioni – nel Pnrr però non c’è una valutazione complessiva dei risultati attesi in termini di sostenibilità e impatto duraturo nel tempo, l’assenza degli effetti che queste politiche potranno avere sulla coesione sociale e sulla riduzione delle disuguaglianze. Altri due elementi, quest’ultimi, fondamentali obiettivi dell’Agenda 2030.

“Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 rappresentano un quadro di riferimento fondamentale affinché il Pnrr risulti sistemico e coerente, in linea con il nuovo corso delle politiche europee e, in particolare, del Next Generation EU – osserva il presidente dell’Asvis Pierluigi Stefaniniè importante che le azioni a breve termine siano motivate da obiettivi di lungo periodo, come chiede la commissione Europea. Chiediamo che all’integrazione del Pnrr partecipi la società civile”.

Spezzettati i capitoli del Pnrr nelle sei aree indicate dalle Linee guida della commissione Ue per la definizione del Recovery plan (transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione) – il rapporto oltre che sul Pnrr si sofferma sulla necessità di una valutazione della Legge di Bilancio 2021, tenendo in considerazione la sua coerenza ai 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. 

Il Recovery, rileva il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, è “un’occasione unica e va sfruttata al meglio con il giusto equilibrio tra istanze diverse, un’opportunità unica verso un punto di arrivo dal quale non possiamo esimerci”: le scelte di oggi dovranno permettere all’Italia di “essere leader nel mondo tra 10 anni”. Ora, per farlo la “transizione ecologia” non basta: “serve anche una transizione burocratica, perché possiamo avere idee fantastiche ma dobbiamo avere regole che ci permettano di poterle mettere in atto”.

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Nel Pnrr – prosegue l’analisi – manca l’indicazione più dettagliata sulle priorità delle riforme necessarie e un richiamo sistematico alle raccomandazioni del Semestre europeo 2019 e 2020; l’assenza di un allineamento ai nuovi target climatici europei; il mancato approfondimento di obiettivi fondamentali come la giusta transizione, il piano Garanzia Giovani, l’Agenda europea delle competenze.

Ma non sono presenti neanche i temi fondamentali come la perdita di biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione dell’inquinamento. Questo – viene spiegato – nonostante “il Piano, come previsto dal regolamento europeo, dovrebbe destinare almeno il 37% dei fondi alla transizione verde e per il 100% dei fondi si deve rispettare il principio di non nuocere in modo significativo all’ambiente”. Il rapporto dell’ASviS offre anche un aggiornamento di quanto ci si stia avvicinando agli obiettivi al 2030, e per esempio si scopre che ci sono miglioramenti per la salute, per l’istruzione, per l’energia; ma che peggiorano invece i risultati sulle disuguaglianze, sugli ecosistemi terrestri e sulla cooperazione.

La chiave per aprire le porte (forse) la consegna Cingolani quando dice infatti che lo sviluppo sostenibile è un insieme di istanza che hanno bisogno di un ragionamento “non verticale ma orizzontale”; e che “le scelte di oggi cambieranno il futuro delle prossime generazioni e di quelle che ci sono già adesso”, perché “se sbagliamo oggi potremo vederne le conseguenze alla fine del secolo”.