Gli interventi di Biden e Xi all’assemblea generale dell’ONU non convincono
(Rinnovabili.it) – I più grandi inquinatori al mondo promettono più soldi per la finanza climatica e lo stop agli investimenti nel carbone all’estero. Gli Stati Uniti e la Cina, responsabili del 14% e del 29% dei gas serra globali, hanno usato il palcoscenico dell’assemblea generale dell’ONU per nuovi annunci sulla loro azione climatica. Annunci che hanno suscitato reazioni discordanti.
Biden spinge sulla finanza climatica all’assemblea generale dell’ONU
Le critiche più numerose sono piovute sul presidente americano Biden. L’inquilino della Casa Bianca ha spiegato all’assemblea generale dell’ONU che entro il 2024 raddoppierà i fondi che gli USA mettono a disposizione dei paesi meno sviluppati per progetti di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. La quota americana arriverà così tra poco più di 2 anni a 11,4 mld di dollari.
Un passo avanti notevole se paragonato all’andazzo sotto Trump, che aveva addirittura congelato i fondi. Ma gran parte degli osservatori nota che l’impegno non allinea l’azione climatica americana al suo peso specifico sul clima. Gli USA dovrebbero fare di più sia per le loro emissioni storiche sia per quelle attuali, sostengono.
La nuova somma è anche molto lontana dalle cifre promesse da altri paesi. Su tutti, l’Unione Europea. Bruxelles nel 2019 ha sborsato più di 25 mld, cioè ha coperto da sola ¼ dell’obiettivo globale di 100 mld l’anno fissato durante la COP di Copenhagen del 2009 (e sempre disatteso). E la settimana scorsa Ursula von der Leyen ha promesso altri 4 mld fino al 2027. Secondo i dati OCSE, nel 2019 mancavano all’appello ancora 20 mld su 100. Le nuove promesse di USA e UE portano i fondi a circa 90 mld l’anno.
Xi ha il carbone bagnato
Un annuncio importante – ma sostanzialmente atteso – arriva dal presidente cinese Xi Jinping, in un discorso registrato all’assemblea generale dell’ONU. L’anno scorso aveva stupito davvero tutti promettendo la neutralità climatica entro il 2060 e il picco di emissioni prima del 2030. Questa volta l’azione climatica cinese si concentra sul carbone: Pechino taglierà tutti i finanziamenti per progetti all’estero legati a questa fonte fossile.
Quanto vale questa misura? Non poco. Secondo un rapporto di E3G, Ember e Global Energy Monitor, se la Cina chiude i rubinetti possono finire in soffitta piani per nuove centrali a carbone per 40GW sparsi in 20 paesi. Ma è comunque piccola cosa rispetto a quello che il Dragone potrebbe fare per “consegnare il carbone alla storia”, obiettivo dichiarato della COP26 di Glasgow. La Cina pesa per il 55% della nuova capacità installata mondiale oggi in programma o in cantiere solo considerando gli impianti a carbone in territorio cinese.
C’è poi un altro dettaglio, che tanto dettaglio non è, prima di farsi l’idea che questi annunci possano rimettere sui binari giusti la COP26 al via tra 5 settimane. Manca infatti del tutto la cooperazione tra Stati Uniti e Cina: Xi ha fatto la sua promessa sul carbone all’ONU, ma si era ben guardato da fare questa stessa promessa solo un paio di settimane fa, durante la visita dell’inviato per il clima di Biden a Tianjin. Il messaggio che arriva da Pechino suona più come un “meglio fare da soli”.