Nella concezione tradizionale degli appalti pubblici l’interesse ambientale veniva valutato in due specifiche fasi: nell’implicazione ambientale di un’opera pubblica o nell’atto pianificatorio che prevedeva l’opera stessa. Non veniva toccata la fase (se non in alcune Amministrazioni lungimiranti) dell’affidamento dei lavori.
L’importanza del coinvolgimento dell’interessa ambientale all’interno della procedura di evidenza pubblica è prima di tutto frutto di un percorso comunitario. Per citare alcuni esempi il green public procurement è richiamato: nel “Sesto Programma di Azione per l’Ambiente” come strumento fondamentale di politica; nella comunicazione della Commissione al Consiglio Europeo “Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile”; nella comunicazione interpretativa della Commissione sul “Diritto comunitario degli appalti pubblici e la possibilità di integrare considerazioni ambientali negli appalti” attraverso la quale gli Stati Membri sono stati “invitati” a prevedere politiche e strategie per integrare l’interesse ambientale negli appalti pubblici.
Importante è la Direttiva n. 18 del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, i cui principi confluiscono nel nostro d. lgs. n.163 del 12 aprile 2006. Il Legislatore, sulla scia della nuova interpretazione comunitaria, coinvolge l’interesse ambientale in punti topici dell’evidenza pubblica, in particolare nell’articolo 2 stabilisce che il principio di economicità può essere subordinato, in base a determinate condizioni, alla “tutela della salute e l’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile”. A parte l’uso un po’ infelice della parola subordinato, pur rimanendo netta la distinzione dei principi del diritto amministrativo da una parte, e quelli ambientali dall’altra, si incomincia a vedere l’introduzione dell’interesse ambientale nel varie fasi della procedura. Comunque questa subordinazione deve essere esplicitata nel bando di gara.
Così, sarebbe più corretto se la Pubblica Amministrazione dichiarasse esattamente cosa vuole: potrebbe richiedere la fornitura di carta riciclata piuttosto che una generica richiesta di carta.
Le basi normative di ingresso dell’interesse ambientale le troviamo negli artt. 68 e 69 del d.lgs. 163/2006 : il primo definisce le caratteristiche tecniche delle opere, dei beni o dei servizi richiesti dalla Pubblica Amministrazione; il secondo le modalità esecutive dell’appaltatore. Ma non dobbiamo farci ingannare: questi articoli non mirano di per sé alla tutela dell’interesse ambientale da parte della Pa, ma ad evitare che possa, attraverso la propria discrezionalità, favorire alcune imprese rispetto altre.
Il ddl collegato va modificando l’articolo 75 e 83 del d. lgs. 163/2006 (Codice dei Contratti Pubblici). L’articolo 75 introduce la possibilità di riduzione dell’importo della garanzia, anche cumulabile, pari al 20% per gli operatori muniti di registrazione Emas e, per la fornitura di beni o servizi che costituiscono almeno il 50% delle prestazioni oggetto del contratto, del marchio di qualità ecologica Ecolabel. Una modifica che è in sintonia con il nostro ordinamento, non discriminando direttamente chi non è in possesso di tali requisiti, ma dando importanza all’interesse ambientale nella procedura stessa.
Viene altresì modificato l’articolo 83 che concerne i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa, determinando così una sorta di compenetrazione della tutela ambientale nei criteri di economicità, decretando così un passo avanti rispetto alla vecchia formulazione. Un’evoluzione del criterio di economicità stessa che non riguarda solo l’offerta economicamente più vantaggiosa in base alla dicotomia qualità/prezzo, ma facendo riferimento ad un concetto di natura europea: il costo del ciclo di vita.
Valeria Brigliadori – Consulente Energie Rinnovabili, Diritto Ambientale; valeriabrigliadori@bit-services.it