Alzerà i target climatici, ma troppo poco per rispettare il Paris agreement. Ha un piano per lo sviluppo delle rinnovabili, ma senza stravolgere l’impostazione del governo precedente. E soprattutto, il nuovo premier seguirà il suo predecessore Scott Morrison sul carbone: non fisserà nessuna data per il phase out
Quali saranno le politiche climatiche di Anthony Albanese?
(Rinnovabili.it) – L’Australia deve diventare una superpotenza delle rinnovabili. E l’industria non deve temere politiche climatiche incisive: fanno bene all’occupazione e all’economia. Lo pensa (e lo dice) Anthony Albanese, il vincitore delle elezioni in Australia, l’uomo che ha dato il benservito a Scott Morrison, uno dei più fervidi sostenitori del carbone. Già, il carbone: anche per il neo premier, per adesso è meglio non toccarlo.
Le elezioni in Australia forse hanno fatto voltare pagina al paese del G7 più restio ad adottare politiche climatiche in linea con il Paris agreement. Ma la svolta probabilmente non sarà radicale come molti sperano. Soprattutto sul fronte del carbone, tallone d’Achille del paese. Le emissioni pro capite dovute al carbone sono il doppio di quelle della Cina, 4 volte la media globale. In media 4,04 t a testa, contro le 0,78 dell’UE a 27.
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Eppure su questo punto Anthony Albanese è stato molto chiaro, anche a ridosso delle elezioni. A fine aprile ha detto che appoggerà l’apertura di nuove miniere e di nuovi progetti sul carbone. “Se le miniere di carbone si dimostrano valide dal punto di vista ambientale e commerciale, che è la decisione delle aziende, vengono approvate”, ha detto Albanese, suggerendo implicitamente che non rafforzerà gli standard di tutela ambientale e climatica oggi in vigore nell’iter del permitting. Il nuovo premier ha anche chiarito che non ha alcuna intenzione di fissare un percorso per il phase out del carbone “perché fa ancora parte del mix energetico nazionale”.
Che idea di politica climatica ha Anthony Albanese? Il politico laburista vorrebbe ospitare una COP durante il suo mandato. Sarebbe il punto d’arrivo di un percorso, spiegava in campagna elettorale, che mette al centro dell’agenda la diplomazia climatica e la modula per coinvolgere in modo più stretto gli altri paesi del Pacifico.
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Sugli obiettivi climatici il programma del partito sostiene un miglioramento significativo di quelli attuali, passando dal -26-28% voluto da Scott Morrison a un -43% di emissioni al 2030 sui livelli del 2005. Anche il nuovo target, però, è bollato come insufficiente per tenere a portata di mano gli 1,5 gradi dai principali osservatori. Per Climate Action Tracker, l’obiettivo dovrebbe essere alzato al 57%.
Sulle rinnovabili, il target è fissato all’85% del mix elettrico entro fine decennio. Per raggiungerlo, Anthony Albanese ha promesso 20 mld di investimenti per adeguare l’infrastruttura di rete e un programma per potenziare lo storage a dimensione di comunità, in modo da sfruttare tutto il potenziale dei tetti fotovoltaici. Un fondo da 3 miliardi dovrebbe poi finanziare le varie industrie delle rinnovabili, dal manufacturing delle turbine eoliche agli elettrolizzatori per l’idrogeno, passando da un rafforzamento delle catene di fornitura di fotovoltaico e dispositivi di stoccaggio.