Legambiente aggiorna i dati dell’Osservatorio Città Clima legati a allagamenti, esondazioni e frane dovute a piogge intense. E torna a chiedere una politica strutturata contro il rischio idrogeologico. Per evitare di restare ingabbiati nella logica dell’emergenza. Quella che dal 1999 ci ha fatto spendere 1,25 mld euro l’anno in interventi non risolutivi
La mappa aggiornata delle alluvioni in Italia
(Rinnovabili.it) – Quasi 50 inondazioni causate da piogge intense, più di 11 fiumi esondati, 6 frane dovute a precipitazioni eccezionali ogni anno. È la media a cui viaggia il Belpaese secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, che coprono il periodo tra il 2010 e il 31 ottobre 2023. Uno spaccato delle alluvioni in Italia che mette l’accento sulla necessità di potenziare le politiche climatiche e di prevenzione del rischio idrogeologico.
La mappa delle alluvioni in Italia
I numeri dell’Osservatorio fotografano un paese in cui gli episodi di danni legati all’acqua sono all’ordine del giorno. Si contano, in 14 anni, 684 allagamenti da piogge intense, 166 esondazioni fluviali e 86 frane sempre dovute a piogge intense, che rappresentano il 49,1% degli eventi totali registrati nel database.
La mappa delle alluvioni in Italia mette in zona rossa la Sicilia (86 casi), tallonata da Lazio (72) e Lombardia (66). A seguire Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Toscana tra i 59 e i 48 episodi. Anche le esondazioni colpiscono l’intera penisola, dai 30 casi della Lombardia ai 25 dell’Emilia ai 18 eventi della Sicilia. Lombardia, Liguria, Calabria e Sicilia sono le regioni più martoriate da frane.
Uno sguardo più nel dettaglio rivela che gli allagamenti colpiscono soprattutto le grandi città. Roma su tutte con ben 49 episodi, seguita da Bari con 21, Agrigento con 15, Palermo con 12, e poi Ancora, Genova e Napoli con 10. Le esondazioni, ci ricorda il recente caso del Seveso, colpiscono soprattutto Milano (20 casi), e poi Sciacca, Genova e Senigallia, tutte sotto i 4 episodi.
Quale prevenzione del rischio idrogeologico?
Centinaia di episodi che ci sono costati, in gestione delle emergenze, 1,25 miliardi di euro l’anno tra il 1999 e il 2022. Solo negli ultimi 10 anni il denaro pubblico usato per tamponare i casi più critici ammonta a quasi 14 miliardi. “Eppure, nonostante tutto ciò, il Governo Meloni nel rimodulare il PNRR ha scelto di dimezzare le somme destinate a contrastare il dissesto idrogeologico, passate a livello nazionale da 2,49 miliardi a 1,203 miliardi”, denuncia Legambiente.
Secondo l’associazione ecologista, la soluzione passa da una nuova governance del territorio che tenga insieme conoscenza, pianificazione e controllo. Come? In 4 passi. Primo, approvare in via definitiva il PNACC, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. E finanziarlo in modo adeguato, dato che ad oggi risorse non ce ne sono. Secondo, approvare la legge sullo stop al consumo di suolo. Per superare la logica dell’emergenza e degli interventi “invasivi e non risolutivi”, il terzo pilastro, secondo Legambiente bisogna “costituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere la tendenza delle precipitazioni e i loro impatti sul territorio”.