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Made in EU e più integrazione, la ricetta giusta per gli aiuti di Stato sulle tecnologie pulite

Aiuti di Stato cleantech: T&E, serve Made in EU e più integrazione
Foto di John Vid su Unsplash

Le prossime linee guida dell’UE sugli aiuti di Stato per il cleantech rischiano di non essere abbastanza efficaci per sostenere davvero la produzione europea di tecnologie pulite come le batterie. Perché non affrontano i problemi strutturali dietro la lentezza dell’Europa nel tenere il passo di Cina e Stati Uniti. La ricetta migliore? Priorità a Made in EU, stop sussidi alle fossili, sì a un fondo centralizzato per le tecnologie pulite.

È la proposta avanzata dall’ong paneuropea Transport & Environment in un briefing pubblicato il 20 febbraio. Il rapporto si basa sulla bozza di linee guida che sta circolando in queste settimane (e che può ancora essere modificata).

La presentazione del documento dovrebbe avvenire il 26 febbraio in parallelo a quella del Clean Industrial Deal, il Green Deal 2.0 più orientato sulla competitività, e all’Affordable energy action plan, ovvero il Piano di azione per l’energia a prezzi accessibili.

Cosa non quadra negli aiuti di Stato per il cleantech?

La proposta di T&E fa leva su condizionalità precise a cui vincolare gli aiuti di Stato per il cleantech, e più integrazione. Il quadro normativo attuale, sostiene l’associazione, è inadeguato per la produzione di tecnologie pulite come le batterie. Gli aiuti sono distribuiti in modo frammentato e complesso, con regole diverse da settore a settore. E il supporto è condizionato a criteri poco trasparenti, favorisce le grandi aziende consolidate e frena le nuove realtà innovative.

Poi c’è una questione di volumi di investimenti. L’UE investe troppo poco nella produzione cleantech, rimarca T&E. Alle industrie manifatturiere delle tecnologie pulite va solo lo 0,5% dei sussidi energetici, 1 miliardo su 200 miliardi di euro. E se gli aiuti di Stato sono raddoppiati tra 2019 e 2021 (oggi sono il 2% del pil UE), è anche da notare che manca una chiara strategia. Così il divario con USA e Cina si allarga. Un esempio? L’Inflation Reduction Act (IRA) degli USA offre 45 $/kWh di sussidi per batterie, mentre l’UE non ha un equivalente.

Tre proposte per rilanciare le tecnologie pulite in Europa

Per superare questi problemi strutturali, T&E propone di agire lungo 3 direttrici, da articolare anche imponendo condizionalità specifiche al nuovo regime sugli aiuti di Stato per il cleantech:

Approccio Made in EU

L’accesso agli aiuti di Stato deve essere condizionato al controllo europeo delle aziende beneficiarie, afferma T&E. I prodotti sussidiati devono essere fabbricati e utilizzati nell’UE, per ridurre la dipendenza da importazioni. Un esempio, ancora, riguardo le batterie: 25 €/kWh per celle, 5 €/kWh per pacchi batterie.

Fine dei sussidi ai combustibili fossili

Oggi più che mai è necessario mantenere la promessa di prosciugare i sussidi alle fossili. L’Europa, calcola T&E, spende ancora circa 100 miliardi di euro all’anno in sussidi per gas, petrolio e diesel aziendale. Qui le mosse da considerare potrebbero includere dazi su petrolio e prodotti derivati, come un’imposta dell’1,7% sul greggio che genererebbe 3 miliardi di euro annui. E altri dazi sulle batterie e le auto elettriche cinesi, da cui ricavare 3-6 miliardi di euro l’anno.

Un fondo centralizzato UE per il cleantech

Oggi gli aiuti di Stato variano da paese a paese. Il panorama frammentato complica l’azione a livello comunitario e avvantaggia alcuni paesi. Germania e Francia in testa. Per T&E, ricorrere a un fondo UE basato su contributi pari al 5-15% degli aiuti nazionali potrebbe generare da 8,5 a 51 miliardi di euro all’anno. Il canale unificato aiuterebbe a coordinare meglio gli aiuti di Stato.

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