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Agrifood Forum 2022: agricoltura ed energia pulita legate a doppio filo

Le due filiere possono viaggiare sugli stessi binari per garantire al settore primario sostenibilità, autosufficienza e competitività. Se ne è discusso nel secondo panel del Forum organizzato da Rinnovabili.it

Agroenergie ed economia circolare in agricoltura

(Rinnovabili.it) – L’agricoltura e l’energia pulita rappresentano due filiere fondamentali per l’Italia, legate oggi a doppio filo. Per allevatori e agricoltori prendere parte alla transizione energetica significa non solo ridurre il proprio impatto su clima ed ambiente ma anche procurarsi gli strumenti con cui rendere il proprio business più resiliente e competitivo di fronte alle sfide attuali. Di queste opportunità si è parlato nel corso del panel sulle agroenergie dell’Agrifood Forum 2022, l’evento digitale di Rinnovabili.it dedicato alla sostenibilità dei sistemi agroalimentari. 

Il tema è ampio e oggi trova molteplici declinazioni. “Le agroenergie sono una parte essenziale del processo di sostenibilità dei sistemi agricoli”, spiega in apertura della sessione il direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo. Il termine è legato tradizionalmente alla produzione di elettricità e gas a partire dalle biomasse vegetali, ma oggi può essere virtualmente esteso a tutte le forme di connubio tra agricoltura e rinnovabili. “Parliamo anche di solare, microeolico, mini idro, geotermia a bassa entalpia – aggiunge il direttore Spagnolo. – Sono tante le forme e le tecnologie a disposizione, tutte particolarmente efficienti e mature”.

Uno delle tecnologie di cui si discute di più è sicuramente l’agrivoltaico. “Dal punto di vista scientifico per agrivoltaico si intende una sinergia tra fotovoltaico e agricoltura, in cui via sia uno studio dell’ottimizzazione delle singole funzioni affinché la produzione energetica e quella agricola possano convivere”, spiega Alessandra Scognamiglio, coordinatrice Task Force ENEA Agrivoltaico Sostenibile. Una definizione di massima in cui coesistono ovviamente diversi approcci, sia dal punto di vista della configurazione spaziale, sia dalla complessità dei sistemi. “Esiste una gradazione di diversi livelli di integrazione”, sottolinea Scognamiglio “che comporta una variazione del costo degli impianti. Per noi dovrebbe essere una soluzione sartoriale, che si ponga come infrastruttura del paesaggio agrario”. E accompagnata sempre da una visione sistemica. 

La stessa visione che oggi impiega Enel Green Power nei suoi progetti agrivoltaici. “Si parte con una serie di analisi e studi del territorio  per identificare un ventaglio di colture che possono convivere con l’impianto stesso. In maniera integrata e senza alterarne la resa (agricola)”, commenta l’ingegner Eleonora Petrarca, Head of Business Development Italia per EGP. Sotto e tra le file dei pannelli sorgono così erbe medicinali e aromatiche, legumi o fiori in grado di favorire gli insetti impollinatori. Iniziative sito specifiche mirate a valorizzare le caratteristiche locali. “Non facciamo queste cose da soli ma coinvolgendo attivamente agronomi ed esperti del posto, associazioni agricole ed università”.

I primi ottimi esempi sul territorio italiano non mancano ma Scognamiglio ritiene che vi sia spazio per ulteriori miglioramenti, ad esempio adattando i metodi di coltura alla presenza del fotovoltaico (vedi il caso delle serre solari). E puntando anche sullo sviluppo di strumenti dedicati come i sistemi informativi geospaziali per fornire mappe di vocazionalità dei siti che assicurino ai decisori tutti dati essenziali.

Dall’agrivoltaico al biogas, “la regina delle agroenergie”, come sottolinea Spagnolo, ricordando l’ampia tradizione tecnologica nazionale. Una tradizione che oggi si inserisce in una visione più ampia, quella proposta dal Consorzio Italiano Biogas (CIB). “Stiamo affrontando un terremoto economico causato causato da due anni di pandemia e dalla successiva”, spiega Piero Gattoni, presidente Consorzio Italiano Biogas. Un momento arduo per il settore agricolo caratterizzato dall’aumento dei costi dei fertilizzanti e l’assenza delle precipitazioni che “ci deve far riflettere sul nostro sistema di produzione”. “Come CIB abbiamo lanciato un progetto Farm for Future, 10 azioni per la transizione agroecologica, in cui dimostriamo come la digestione anaerobica e molte altre tecnologie possono consentire già oggi all’agricoltura di rendersi  più competitiva e resiliente”. Un’iniziativa che si fonda su progetti tailor made, in cui scarti e sottoprodotti diventano materie prime seconde per la produzione di elettricità, biometano e fertilizzanti organici. Riducendo la quantità di input e di costi ad aumentando il benessere degli animali.

Lo slogan deve essere “produrre di più consumando di meno”. Un leitmotiv anche per CNH Industrial  oggi impegnata a “trovare nuovi modi per fare le cose”, come spiega Daniela Ropolo, Head of Sustainable Development Initiatives. Il gruppo attraverso la New Holland Agriculture sta da tempo cercando di imporsi come “Clean energy leader”. La strategia mira a sviluppare soluzioni innovative per affrontare le grandi sfide moderne, mettendo sempre al centro le persone. Promuovendo combustibili rinnovabili, sistemi di riduzione delle emissioni e tecnologie agricole sostenibili. “Grazie alla propulsione alternativa e alle tecnologie di precisione (agricoltura 4.0) si possono ottenere interessanti risultati: innanzitutto essere indipendenti dai carburanti fossili. E ottimizzare la produzione attraverso una conoscenza estremamente capillare del terreno, usando in questo modo meno trattamenti chimici e meno gasolio”. Si potrebbe così inquinare fino all’80% in meno, riducendo del 30% i costi operativi e dimezzando la rumorosità.

Il settore agroforestale può partecipare alla transizione energetica anche inserendosi nella nuova economia dell’idrogeno. Ne ha parlato Franco Cotana, ordinario di Fisica tecnica industriale, Università di Perugia. “Il ruolo delle agroenergie è fondamentale e lo sarà ancora più nel futuro. Le bioenergie, compresi il cippato, la legna da ardere e le bricchette, contribuiscono per oltre il 50% a tutte le rinnovabili prodotte in Italia […] Questo patrimonio va coltivato e vanno create le giuste filiere per ottenere lavoro, sviluppo e tecnologie innovative”. Tecnologie come la steam gasification delle biomasse lignocellulosiche per produrre bio-idrogeno. La tecnica produce come scarto, solo biochar che può essere usato come ammendante del suolo. 

Ma è davvero possibile per un’azienda far proprie tutte le opportunità offerte oggi dalle tecnologie pulite senza snaturare la propria vocazione? Sì e lo dimostra Borgoluce, azienda agricola storica nel cuore dell’area del Valdobbiadene Prosecco Superiore, fortemente radicata al territorio e alle persone. Qui spiega Maria Trinidad Collalto, amministratrice di Borgoluce la multifunzionalità fa parte del dna aziendale e all’energia è riservata un’attenzione particolare. Dalle caldaie a cippato prodotto dai boschi locali all’impianto a biogas da 1 MW che dal 2019 produce elettricità per l’impresa agricola e la comunità. A ciò si aggiunge un impianto fotovoltaico che sarà ampliato tramite altri 569 kW di pannelli sui tetti. “Tutto questo ha un significato economico notevole, perché da una parte consente dei risparmi dall’altra consente invece degli introiti. E fa sì che la nostra attenzione sia rivolta a questi aspetti anche in futuro ma nel pieno rispetto della terra”.