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Le priorità su clima e ambiente nell’Agenda Strategica UE 2024-2029

Il 27 giugno i capi di stato e di governo hanno approvato il documento di indirizzo strategico per le politiche comunitarie dei prossimi 5 anni. Fino all’ultimo, i dossier cardini del Green Deal erano stati depotenziati o direttamente cancellati dal testo. La versione finale subordina i temi verdi a industria e competitività

Agenda Strategica UE: le priorità su clima e ambiente per il 2024-2029
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L’Agenda Strategica UE orienterà l’operato della prossima Commissione

Nei prossimi 5 anni, l’Unione Europea porterà avanti l’eredità del Green Deal. Ma con più attenzione per la competitività industriale e per una transizione senza scossoni bruschi. Tradotto: le politiche sul clima e sull’ambiente restano, però un po’ meno al centro, con più attenzione agli interessi dell’industria e con meno ambizione rispetto all’ultimo quinquennio. È quello che emerge leggendo in controluce l’Agenda Strategica UE per il 2024-2029, approvata ieri dai Ventisette.

Era tutt’altro che scontato. Fino a 48 ore prima del voto dei capi di stato e di governo, dal documento di indirizzo per il prossimo ciclo UE erano spariti molti punti chiave su clima e ambiente. I lavori per l’Agenda Strategica UE vanno avanti da un anno e, ad aprile, l’ultima bozza era stata saccheggiata proprio dei temi legati al Green Deal.

Una conferma ulteriore, se mai ce ne fosse bisogno, dell’insofferenza con cui molti paesi europei hanno vissuto provvedimenti come la Legge sul Ripristino della Natura, lo stop ai motori diesel e benzina dal 2035, la Legge sulla Deforestazione, la prima proposta di riforma della PAC.

Verso un Industrial Deal?

L’ok all’Agenda è arrivato insieme all’accordo sulle cariche principali. Von der Leyen per il bis alla Commissione, il socialista portoghese Antonio Costa a guidare il Consiglio, l’estone Kaja Kallas in quota liberali a coordinare l’azione esterna dell’UE. Tutti d’accordo, tranne Italia e Ungheria: il governo Meloni – escluso dalle trattative – ha bocciato Costa e Kallas e si è astenuto su von der Leyen.

La Commissione Ursula 2.0 – se von der Leyen sarà confermata dall’Europarlamento – ripartirà da dove ha lasciato. Gran parte del Green Deal è approvato, ma la tentazione di rimettere mano ai provvedimenti già in vigore è forte. Soprattutto per quello sui motori endotermici. Nel frattempo, bisognerà decidere modi e tempi per raggiungere gli obiettivi al 2040, per ora fissati a -90% di emissioni. Le proteste dei trattori spaventano i governi timorosi di perdere consensi e l’agricoltura sarà probabilmente ancora più coccolata di quanto non lo sia stata negli ultimi 5 anni, a partire da una riforma della politica agricola comune (PAC) tarata sul minimo sindacale. Sulla transizione energetica bisogna correre, così come bisogna mettere l’industria europea in grado di supportarla.

Proprio dall’industria era ripartita von der Leyen lanciando la sua candidatura bis lo scorso febbraio. Non più Green Deal ma un Industrial Deal. Per l’ex ministra della Difesa tedesca, una seconda “gamba” delle politiche climatiche. Su cui, tuttavia, non ha mai speso molte parole per spiegare quale ruolo dovrebbero avere nei prossimi 5 anni. I temi all’ordine del giorno sono stati altri: sicurezza energetica, autonomia strategica, difesa (forse) comune, più capacità di incidere e competere a livello globale.

Cosa contiene l’Agenda Strategica UE 2024-2029

Per tutte queste ragioni, leggere cosa contiene l’Agenda Strategica UE per i prossimi 5 anni è un modo per capire quanta volontà di portare avanti il Green Deal sia rimasta, quali sono i margini di manovra per la Commissione nel dialogo con il Consiglio, qual è il peso specifico di clima e ambiente rispetto agli altri dossier. L’inclusione all’ultimo minuto dei riferimenti ai temi verdi la dice lunga su quanto la volontà politica sia ridotta, o perlomeno ben poco condivisa tra i Ventisette. E per come funziona l’UE, è quasi un semaforo rosso.

Ma le premesse non sono tutte negative. Cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento sono citati a inizio documento tra i fattori che stanno cambiando il mondo, insieme a nuove tecnologie, instabilità globale e guerre, un nuovo paradigma di competizione strategica.

Più che un pilastro del prossimo quinquennio, però, clima e ambiente saranno probabilmente una delle direttrici attraverso cui sviluppare anche, o principalmente, altri obiettivi. A partire dalla riconfigurazione dell’industria europea. La torsione del Green Deal, con il secondo mandato di von der Leyen, seguirà la bussola della competitività e sarà sempre più intrecciata con la digitalizzazione: “Rafforzeremo la nostra competitività e diventeremo il primo continente a impatto climatico zero, realizzando con successo la transizione climatica e digitale, senza lasciare indietro nessuno”, si legge nell’Agenda Strategica UE. Competitività che orienta anche il passaggio sulla transizione climatica “giusta ed equa”, da realizzare “con l’obiettivo di rimanere competitivi a livello globale e aumentare la nostra sovranità energetica”.

Che tono avranno le politiche sul clima e sull’ambiente? L’Agenda fissa un paletto: pragmaticità. Una risposta all’accusa rivolta alla scorsa Commissione di essere “ideologica” sul clima. In concreto, potremmo vedere meno provvedimenti davvero trasformativi e un approccio molto più incrementale. Ma pragmaticità è anche un concetto che in questi anni è stato legato alla richiesta di più flessibilità, per gli stati, nell’attuare i tasselli del Green Deal. “Saremo pragmatici e sfrutteremo il potenziale delle transizioni verde e digitale per creare i mercati, le industrie e i posti di lavoro di alta qualità del futuro”, si legge nell’Agenda all’inizio del paragrafo dedicato alle “green and digital transitions”.

Competitività e pragmatismo che saranno i binari anche delle politiche sull’agricoltura. “Sosterremo le vivaci comunità rurali e rafforzeremo la posizione degli agricoltori nella catena di approvvigionamento alimentare”, scrivono i Ventisette nell’Agenda Strategica UE riprendendo il mantra degli ultimi mesi con cui si è tentato di placare le piazze dei trattori. Ovvero: più sussidi, o più facilità di ottenerli, o meno controlli sui fondi ricevuti. E un’attenzione particolare ai rapporti di potere nelle filiere.

Natura, ecosistemi, acqua arrivano per ultimi. “Continueremo a proteggere la natura e a invertire il degrado degli ecosistemi, compresi gli oceani. Rafforzeremo la resilienza idrica in tutta l’Unione”, recita il documento in uno dei passaggi che erano stati cancellati dall’ultima bozza. Poche parole, ma abbastanza per non delegittimare tutta quella parte di Green Deal più controversa. E sulle quali provare a costruire nuove politiche, ormai con lo sguardo al 2030.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.