La capacità installata di carbone nel paese è di 4,7 GW, soprattutto lignite
(Rinnovabili.it) – Arriva la conferma dal governo di Sofia: slitterà al 2038 l’addio al carbone della Bulgaria, 12 anni più tardi di quando previsto inizialmente. L’esecutivo ha appena comunicato che continuerà a cercare di prolungare la vita delle sue centrali fino a quella data, senza ripensamenti. Ma manca ancora l’ok finale di Bruxelles.
I piani di Sofia per l’addio al carbone
Il dialogo con l’UE è fondamentale per la riuscita del piano. Due i dossier più caldi: il programma di “transizione giusta” per i principali bacini carboniferi del paese e la rinegoziazione del PNRR bulgaro.
Dopo aver concordato con l’Europa un piano di transizione per l’industria del carbone, che garantisse i livelli di occupazione attuali, per le regioni di Stara Zagora, Pernik e Kyustendil, ora Sofia sta provando a strappare condizioni migliori. Posticipare l’addio al carbone darebbe più tempo per assicurare di ridurre al minimo gli impatti sociali della transizione. La decisione dell’UE arriverà probabilmente a fine novembre.
Sul versante PNRR, il governo sta rinegoziando parte del piano principalmente per estendere la vita delle sue centrali a carbone. Per riuscirci, però, deve far digerire all’Europa anche uno sforamento nei target di riduzioni delle emissioni del settore energetico, oggi fissati a -40% entro il 2026 rispetto ai livelli del 2019. Il 2026 è la data in cui la Bulgaria avrebbe dovuto abbandonare del tutto il carbone.
Carbone che oggi pesa per ben il 33% della capacità installata, pari a 4,475 GW. Quasi tre volte la capacità installata di centrali a gas. La maggior parte degli impianti a carbone consiste in centrali a lignite, un combustibile fossile particolarmente inquinante. Un’industria, quella del carbone bulgaro, che si trova però in fortissima difficoltà. Per allinearsi ai target emissivi UE servono almeno 1 miliardo di euro di investimenti, calcola Beyond Fossil Fuels: “La tardiva data di uscita della Bulgaria la lascia ben al di sotto delle sue responsabilità sul cambiamento climatico e ritarderà gli investimenti cruciali in progetti di energia rinnovabile e programmi di riqualificazione per i lavoratori, necessari per la transizione verso un futuro senza fossili”.