Le donne che lavorano nel settore dell’agricoltura si sono incontrate per esaminare la carenza di acqua per le coltivazioni. Problemi importanti, che richiedono soluzioni programmate per il lungo periodo. Le imprenditrici agricole hanno un ruolo produttivo di primo piano e giustamente rivendicano un posto nella cabina di regia
di Isabella Ceccarini
Senza acqua non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è cibo. Senza acqua non c’è vita.
Lo sanno bene le imprenditrici agricole riunite a Roma dalla presidente di Confagricoltura Donna, Alessandra Oddi Baglioni, nella sede di Palazzo della Valle.
La centralità delle donne in agricoltura
Secondo la FAO, la produzione agricola mondiale è in mano alle donne. Hanno un ruolo fondamentale per la sicurezza alimentare, per la gestione del territorio e delle risorse naturali. Eppure hanno minore accesso al credito, ai mercati, ai ruoli decisionali.
Le donne sono centrali anche nell’agricoltura italiana: innovano, producono, creano lavoro e mettono a sistema attività che hanno un valore non solo economico ma anche sociale. I dati Censis rilevano che le donne coltivano il 21% della SAU (superficie agricola utilizzata) ma producono il 28% del Pil agricolo.
Per loro è tutto più difficile, come ha sottolineato in apertura Annamaria Barrile, direttore generale di Confagricoltura: basta pensare a come sia ritenuto più credibile un uomo rispetto a una donna nel momento in cui varcano la soglia di una banca.
Problemi, proposte e richieste
Per parlare di acqua, Confagricoltura Donna ha riunito quattro associazioni di imprenditrici agricole (Donne del Riso, Donne dell’Olio, Donne dell’Ortofrutta, Donne del Vino). Insieme, al di là del gruppo di appartenenza, per segnalare la gravità di un problema, avanzare proposte concrete e fare precise richieste alla politica.
L’acqua non è un problema di genere, l’alternanza di alluvioni e siccità colpisce tutti, e l’agricoltura è il settore produttivo che più risente degli effetti devastanti del cambiamento climatico.
Dobbiamo imparare ad essere resilienti, ma questo non basta se non si accompagna alla ricerca, all’innovazione, allo studio su nuovi semi e nuove piante, perché per adattarsi al cambiamento climatico non sono sufficienti solo i nuovi macchinari.
E poi servono cose apparentemente banali, come la pulizia di fossi e canali e dell’alveo dei fiumi: non servono argini più alti, bensì manutenzione.
Gli eventi estremi non sono più eccezionali
Il cambiamento climatico non riguarda solo l’innalzamento delle temperature, un terreno inaridito dalla siccità diventa una crosta impermeabile che non assorbe acqua e ci si trova ad affrontare una successione sempre più violenta e ravvicinata di eventi estremi.
Come ha giustamente fatto notare Giovanna Parmigiani, membro della Giunta di Confagricoltura, non è corretto parlare di eventi eccezionali. Purtroppo sono diventati la norma e con questo dobbiamo fare i conti.
Nel 2022 la siccità ha provocato un calo di produzione agricola fra il 30 e il 50%. A causa del mancato investimento in manutenzione si perde circa il 41% di acqua e di quella piovana se ne raccoglie appena l’11%. Solo il 70% degli invasi è funzionante, e comunque sono vecchi e bisognosi di manutenzione. Parmigiani auspica che con il PNRR se ne costruiscano di nuovi, e non possiamo che condividere tale auspicio.
Parmigiani sottolinea con amarezza che certe carenze sono evidenti da tempo, sono state segnalate, ma in concreto non si è fatto nulla, tranne il verificarsi ciclico di tragedie che portano via attività produttive e vite umane.
Le donne chiedono una programmazione di lungo periodo, misure stabili di resilienza e adattamento, il monitoraggio costante del territorio per intervenire prima che sia tardi.
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Perché anche alle donne spetta decidere
Le donne vogliono essere nella cabina di regia e rivendicano il loro posto con pieno diritto. Come ha evidenziato Oddi Baglioni, «le imprese femminili attive in agricoltura sono 256.815. Di queste – come rivela l’analisi del Centro studi di Confagricoltura – mostrano particolare dinamismo quelle impegnate nelle società di capitali e di persone, che rappresentano il 28,2% del totale. Nella fascia di età 18-29 anni raggiungono il 33,76% a dimostrazione dell’acquisita consapevolezza dell’importanza di costruire reti al femminile».
Federica Argentati, presidente del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia, ha illustrato la situazione di una regione dove l’acqua può essere un problema anche solo quando si apre un rubinetto. Gli agrumi sono colture irrigue, le aziende si sono organizzate con stazioni meteo, sensori di umidità del terreno, gestione attraverso le app e piattaforma blockchain per documentare il risparmio idrico. Tuttavia mancano le infrastrutture irrigue e viarie, non ci sono consorzi di bonifica, ci sono poche donne nei ruoli istituzionali, relegate perlopiù a ruoli di supporto per le attività gestite dagli uomini.
Un po’ di ottimismo non guasta, e Argentati esorta a non cedere, a fare rete, a collaborare: cominciare stando di fianco, ma con l’obiettivo di conquistare il centro della scena.
L’irrigazione sostenibile
Molto interessante l’esperienza di Irritec, società benefit che fornisce soluzioni sostenibili per l’irrigazione in agricoltura nel segno del risparmio idrico. Giulia Giuffré, consigliere CdA e ambasciatrice della sostenibilità di Irritec, ha portato una serie di numeri che illustrano l’importanza dell’acqua. Entro il 2050, la siccità potrebbe spingere alla migrazione 216 milioni di persone.
Nel 2022, con le piogge quasi dimezzate, le imprese agricole hanno ridotto le produzioni e il 28% del territorio è a rischio desertificazione. In questo quadro, entro il 2050 la produzione alimentare dovrà crescere del 50% e servirà almeno il 35% di acqua dolce in più.
Poiché l’agricoltura è il settore produttivo che impiega il maggior quantitativo di acqua (70%), è evidente come il risparmio idrico sia un imperativo. L’irrigazione di precisione, ad esempio, distribuisce all’apparato radicale delle piante piccole quantità di acqua e sostanze nutritive. Soluzioni che nel mondo hanno permesso di risparmiare ingenti quantità di acqua, di fertilizzanti e di energia e di emissioni di CO2.
L’Italia è il primo produttore di riso in Europa
La componente femminile è molto forte nei settori riso, olio, ortofrutta e vino.
L’Italia è il primo produttore di riso in Europa con circa il 55% della produzione. Circa il 20% delle 3.600 aziende risicole è guidata da donne e la percentuale è in continua crescita, afferma Natalia Bobba presidente di Donne del Riso.
Il 2022, per il riso, è stato un anno drammatico a causa della siccità: 22mila quintali di riso persi e le risaie ridotte a sterpaglie. Due anni e mezzo prima c’era stata un’inondazione e si è raccolto il riso nel fango. Questi fenomeni derivano da colpe umane, rimarca Bobba, sta a noi prevenirli e curarli.
Gabriella Stansfield, presidente di Donne dell’Olio, spiega che il 30% delle aziende olivicole è guidato da donne (in Calabria raggiunge il 41%), anche se devono continuamente dimostrare la loro competenza di fronte agli operai diffidenti e assolvere anche gli obblighi di cura familiare.
Il problema del settore sono le dimensioni delle aziende: piccoli produttori (il 55% delle aziende ha meno di 1 ettaro) che sono un fondamentale presidio del territorio, ma hanno bisogno di formazione e di indicazioni sulle pratiche più opportune.
Poiché è ormai sparita dalle cronache, Stansfield ricorda che la Xylella in Puglia ancora c’è, che sta avanzando lentamente e che finora ha ucciso 21 milioni di olivi in 8mila Kmq. Un terzo degli olivi monumentali della Puglia non ci sono più, un danno economico e paesaggistico in calcolabile.
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Semplificare le norme mantenendo i controlli
Quella del vino è una filiera estesa, con diverse figure professionali. La presenza delle donne nelle imprese vitivinicole si concentra in marketing e comunicazione (80% degli addetti), enoturismo e altre attività turistiche (75%) e nel commerciale (51%) mentre nel vigneto e in cantina la loro quota crolla al 14%, ha affermato Daniela Mastroberardino, presidente di Donne del Vino, associazione che vuole diffondere la cultura del vino e del bere consapevole.
L’attenzione alla sostenibilità è alta, ma Mastroberardino nota che i giovani non hanno la percezione del cambiamento climatico come i più anziani, per i quali sono più evidenti le differenze rispetto al passato.
Quasi 300mila aziende attive nel settore ortofrutticolo rappresentano circa un quarto della produzione agricola nazionale. Produzioni irrigue, che soffrono moltissimo il deficit idrico. L’innovazione è fondamentale anche sul fronte del risparmio idrico, ma le piccole e medie imprese dell’ortofrutta spesso non hanno i mezzi per fare il salto di qualità.
Le donne rappresentano il 69% della forza lavoro, ma raramente rivestono ruoli direttivi, ha spiegato Roberta Tardera, socia di Donne nell’Ortofrutta.
Tutte le rappresentanti dell’agricoltura sono state concordi nel chiedere maggiore attenzione delle istituzioni, maggiore flessibilità delle banche nel concedere i crediti, interventi infrastrutturali, ma soprattutto una semplificazione delle norme e una burocrazia più snella per rendere i percorsi più veloci, pur mantenendo in essere gli indispensabili controlli.
I problemi per la gestione dell’acqua sono seri e richiedono soluzioni urgenti che valgano nel lungo periodo: per questo politica, progettazione e mondo agricolo devono lavorare insieme. E quando si dice insieme si intende che le donne devono sedere ai tavoli dove si decidono il presente e il futuro dell’agricoltura.