Dall’accordo di Parigi se ne va il 2° emettitore globale
(Rinnovabili.it) – Mentre il duello per la presidenza tra Trump e Biden va verso un testa a testa piuttosto serrato che durerà qualche giorno, gli Stati Uniti escono ufficialmente dall’accordo di Parigi. Una promessa di lungo corso dell’inquilino uscente della Casa Bianca, annunciata per la prima volta a giugno 2017. Trump ha sempre presentato l’accordo globale sul clima come dannoso per l’economia americana e un assist all’Europa e soprattutto alla Cina.
Come cambia l’accordo di Parigi senza gli Stati Uniti
Lascia così l’accordo di Parigi il secondo emettitore mondiale. Gli Stati Uniti immettono ogni anno in atmosfera circa 5,5 Gt di CO2, quindi una fetta pari al 14% delle emissioni globali. Sono secondi soltanto alla Cina (circa 25%) e davanti all’UE (circa il 7%). A livello formale, l’accordo sul clima non perde validità. Se ne va soltanto uno dei 197 paesi firmatari. Ma senza gli USA, ovviamente, gli impegni presi a livello globale hanno un impatto minore.
Sotto la presidenza Obama, che aveva sottoscritto l’accordo nel 2015, Washington si era impegnata a ridurre le emissioni del 26-28% entro il 2025 dai livelli del 2005. Secondo uno studio del gruppo Rhodium, con un secondo mandato di Trump le emissioni del paese potrebbero invece aumentare di oltre il 30% nel 2035 rispetto ai livelli dell’anno scorso.
“Il ritiro degli Stati Uniti lascerà una lacuna negli sforzi globali per raggiungere gli obiettivi e le ambizioni dell’accordo”, ha affermato Patricia Espinosa, segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Gli Stati Uniti, ad ogni modo, continueranno a far parte dell’UNFCCC. Espinosa ha detto che l’organizzazione sarà “pronta ad assistere gli Usa in ogni sforzo al fine di rientrare nell’accordo”.
Le reazioni al passo formale di Washington
Da Bruxelles filtra disappunto, ma non una preoccupazione eccessiva. “Il quadro generale è che Parigi continuerà, qualunque cosa accada – commenta al Guardian Pete Betts, l’ex principale negoziatore sul clima per l’UE e il Regno Unito – Anche se non credo che nessuno seguirà Trump, se hai la più grande economia del mondo e il secondo maggiore emettitore che dice che non vuole proseguire l’azione climatica, è un po’ un freno all’ambizione globale”.
Questa situazione – gli USA fuori dall’accordo – potrebbe però durare pochi giorni. In caso di vittoria di Joe Biden, infatti, il candidato democratico ha promesso di riportare immediatamente il paese nell’alveo del patto sul clima, anche formalmente.
I grandi investitori contro Trump
Ben più netto il giudizio dei grandi investitori, che ritengono la decisione di Trump un passo falso. Oggi è apparso un appello di un gruppo che rappresenta investitori europei e statunitensi, con un enorme patrimonio collettivo di 30mila miliardi di dollari. Esortano Washington a invertire la rotta perché rischia di rimanere indietro nella corsa per creare un’economia globale più pulita.
Il riferimento è soprattutto alle tecnologie ad alta efficienza energetica, uno dei principali driver dello sviluppo dei prossimi decenni. Gli investitori temono che per la prima volta in 100 anni gli Stati Uniti cedano lo scettro di leader nel campo dell’innovazione tecnologica, che ha permesso alla superpotenza di acquisire e poi mantenere il suo status per decenni e far correre la propria economia.
Questo appello si inserisce nello stesso solco già scavato nel 2017 da 30 Ceo delle principali multinazionali americane, che già all’epoca avevano scritto a Trump dicendo che lasciare Parigi era un mezzo suicidio economico, proprio per quanto riguarda il fondamentale capitolo innovazione.