Rinnovabili • Abbandono graduale del gas: come dismettere la rete per limitare i rischi Rinnovabili • Abbandono graduale del gas: come dismettere la rete per limitare i rischi

Come prepararsi all’abbandono graduale del gas?

Uno studio guidato dall’università di Oxford risponde alla domanda: come possiamo dismettere la rete del gas, senza costi proibitivi e investimenti incagliati, per realizzare il phase out?

Abbandono graduale del gas: come dismettere la rete per limitare i rischi
Foto di Arthur Lambillotte su Unsplash

Un nuovo approccio in 5 fasi per preparare l’abbandono graduale del gas

Pianificare l’abbandono graduale del gas per non trovarsi oberati di costi insostenibili legati alla rete di distribuzione. Che peserebbero soprattutto sui clienti finali, in particolare quelli più fragili. Come? Con un nuovo approccio normativo che navighi tra attenzione a evitare “stranded assets”, dismissioni pianificate e finanziamenti per la chiusura graduale della rete gas. Lo suggerisce uno studio dettagliato condotto dall’università di Oxford insieme ad altri atenei britannici e tedeschi e pubblicato sulla rivista One Earth.

Abbandono graduale del gas: c’è un elefante nella stanza

I ricercatori affrontano una questione cruciale legata al phase out del gas. La domanda di questa fonte fossile (ma anche di idrogeno) è prevista in forte calo nei prossimi decenni. In Europa, la riduzione al 2050 è stimata del 70%. Ma c’è un “elefante nella stanza”: i costi legati alla rete di distribuzione.

Meno domanda di gas significa meno utenti che pagano le bollette, e quindi meno risorse per ammortizzare gli investimenti e provvedere alla manutenzione. Costi che vengono però scaricati sugli utenti finali. Con il rischio, nei prossimi decenni, di vedere i prezzi finali del gas “schizzare fuori controllo”.

La dimensione del problema non è di poco conto. Oggi, in Europa, le principali dorsali del gas corrono per 130mila km, tre volte la circonferenza terrestre. Le reti di distribuzione locali ammontano a 1,8 milioni di km. Infrastrutture che vengono sviluppate tuttora, e per quelle esistenti i piani di ammortamento hanno orizzonti di decenni e, nella maggior parte dei casi, si basano su scenari che non prevedono un calo della domanda di gas. Calo che, a dispetto della narrativa che propone l’idrogeno come alternativa pulita al gas fossile, riguarda tutti i combustibili gassosi. La valutazione d’impatto più recente elaborata dalla Commissione UE prevede una riduzione del 71-73% tra 2019 e 2050 per tutti i gas, H2 e biometano inclusi.

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Un nuovo approccio normativo

La conseguenza principale? Costi delle bollette che lieviteranno. Secondo le stime presentate nello studio, entro metà secolo i costi legati alla rete di distribuzione aumenteranno di 5 volte in Germania, di 3 volte in Francia, di 10 volte nel Regno Unito, e per l’Austria di 4 volte già nel 2040. Una dinamica che innescherà una fuga accelerata per schivare costi così proibitivi. Ma che lascerà indietro chi non ha accesso, per varie ragioni, ad alternative valide. Ovvero le famiglie più povere.

Per queste ragioni, l’abbandono graduale del gas deve essere preparato e accompagnato dallo sviluppo di un nuovo approccio normativo che sappia farsi carico delle asperità che ci aspettano lungo il percorso verso la neutralità climatica.

Lo studio propone 5 pilastri:

  • Pianificazione integrata. Con orizzonte a lungo termine, deve riguardare infrastrutture del gas, dell’elettricità e del teleriscaldamento. Con uno sguardo granulare per cogliere le specificità della domanda a livello locale, non solo nazionale.
  • Rimodulare i tassi di ammortamento. Il quadro regolatorio attuale si muove su tempistiche di ammortamento intorno ai 45 anni. Insostenibili in ottica net zero al 2050. Bisogna quindi accelerare l’ammortamento delle attività esistenti, abbandonando il modello di ammortamento forfettario impiegato oggi. In questo modo si riduce il rischio di investimenti incagliati.
  • Criteri e soglie per le dismissioni. L’abbandono graduale del gas richiede una dismissione ordinata della rete. Per attuarla bisogna definire criteri e soglie in base ai quali i gestori possano interrompere le forniture e dismettere la rete. “Potenziali indicatori per definire tali soglie potrebbero essere, ad esempio, il numero di clienti per chilometro di lunghezza della linea (numero di clienti/km), il carico connesso (MW/km) o le vendite per chilometro di lunghezza della linea (MWh/km) oppure corrispondenti indicatori di densità quali le vendite per superficie servita (MWh/km2)”, dettaglia lo studio.
  • Ridurre al minimo gli investimenti di capitale. Le autorità di regolamentazione potrebbero utilizzare processi modificati di valutazione degli investimenti, incentivi per prolungare la vita degli asset esistenti e un ammortamento accelerato di nuovi asset per riflettere il previsto calo della domanda di gas.
  • Finanziare disconnessioni e dismissioni. I costi per la disconnessione sono una barriera significativa nella decisione delle famiglie di rivolgersi ad alternative. Per abbatterla, i governi dovrebbero prevedere dei fondi per le disconnessioni, specialmente per i clienti a basso reddito. Allo stesso modo, i governi devono prevedere fondi per le dismissioni della rete, in modo che questi costi sostenuti dagli operatori non siano fatti ricadere, a cascata, su clienti.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.